Secondo il rapporto nazionale della Caritas sulla povertà un povero su due ha meno di 34 anni. Nello stesso giorno in cui veniva diffuso questo rapporto, a Rimini è stato presentato il primo rapporto sulla povertà giovanile. Il titolo è eloquente: “Poveri giovani”, quasi una sconsolata esclamazione sul destino di una generazione. “Da qualche tempo – spiega il direttore della Caritas di Rimini, Mario Galasso – ci eravamo accorti che ai nostri servizi accedeva una popolazione sempre più giovane. Pertanto abbiamo voluto fare questa ricerca per capire meglio questo aspetto della povertà”.
L’indagine, condotta da giovani ricercatori, ha coinvolto 508 soggetti fra i 18 ei 34 anni, incontrati al Centro per l’Impiego, negli Istituti professionali, in piazza, realizzando focus group nei Centri giovani e interviste nelle Caritas parrocchiali.
La mancanza di lavoro è fra le cause più frequenti di povertà. Su 508 giovani solo il 19,1% ha un lavoro e nella maggior parte dei casi si tratta di un impiego precario. Se si considera il lavoro stagionale estivo, la percentuale degli occupati, prevalentemente studenti, sale al 51,8%. Il 48,6% ha però dichiarato di aver svolto il lavoro in nero o parzialmente in nero. Mario Galasso osserva che in Italia abbiamo il 29,5 di Neet, cioè giovani che sono fuori da ogni percorso formativo o di ricerca del lavoro. Ed anche la provincia di Rimini è ai primi posti in questa non invidiabile classifica.
Per il 20% dei giovani, pari a 105 ragazzi, la povertà significa non riuscire a pagare bollette o canoni di affitto. I più colpiti sono i giovani dai 29 anni in su, quelli cioè che stanno tentando di costruirsi una famiglia, ma anche i giovani che hanno i genitori separati (il 58,6% dei giovani con genitori separati si trova in una situazione di difficoltà).
In particolare: 30 ragazzi non sono nelle condizioni di mangiare un pasto completo ogni due giorni; 61 non riescono a riscaldare adeguatamente la casa; 71 non sanno come far fronte a spese straordinarie come la rottura di un elettrodomestico; 59 non riescono a sostenere le spese sanitarie; 75 non possono permettersi una settimana di ferie all’anno.
Stranieri? Anche, ma solo il 16,7%, per il resto il campione è formato da italiani (78,9%), da un 2,6% di Sammarinesi, da 1,8% di intervistati in possesso della doppia cittadinanza. Gli stranieri provengono per il 48,2% da paesi dell’Europa Orientale (Albania, Macedonia, Moldavia, Romania, Serbia, Ucraina) e per il 37,7% dall’Africa settentrionale (Algeria, Tunisia e Marocco) e occidentale (Senegal, Gambia e Nigeria).
I giovani del campione non sembrano avere fra le loro aspirazioni per il futuro la formazione di una famiglia. Solo 2,7 giovani su dieci desiderano sposarsi, 3,3 avere dei figli e 1,7 andare a convivere. Giustamente i ricercatori osservano che se avessimo posto questa domanda ai giovani di vent’anni fa i numeri sarebbero stati certamente più elevati.
L’indagine ha restituito una marea di dati che è impossibile riassumere in poche righe. Quel che emerge è che il disagio sociale, in molteplici forme, colpisce duramente la fascia giovanile. I ragazzi appaiono anche molto disorientati e poco informati sui servizi e sui centri ai quali rivolgersi per questo o quel bisogno.
C’è comunque un’appendice (riguarda i giovani che si sono rivolti alla Caritas nel periodo gennaio-maggio di quest’anno) che rivela altri aspetti interessanti. Il 65,3% dei giovani di questo particolare universo abita insieme al proprio partner (sia esso coniuge o compagno), il 66,8% ha figli (di cui il 90,5% abitanti nella stessa casa), il 57,9% è coniugato. È evidente che i giovani maggiormente colpiti dalla povertà sono coloro che hanno cercato di costruirsi una famiglia. Le giovani coppie faticano a costruirsi un futuro a causa delle tante spese e dei pochi guadagni. Il 10% ha un diploma universitario o la laurea, spesso però il titolo di studio preso all’estero non è riconosciuto in Italia, quindi non c’è la possibilità di “spenderlo” per la ricerca di un posto di lavoro attinente.
La maggior parte dei giovani incontrati ha un basso titolo di studio, tra gli italiani ci sono addirittura 2 con la sola licenza elementare e 12 con la licenza media.
Fotografata così bene la situazione, resta una domanda: che fare? “Papa Francesco – osserva il direttore Galasso – ha detto di non rispondere ai bisogni dei giovani con dei convegni. È una sfida ch raccogliamo. Due anni, dal rapporto annuale sulla povertà è nato l’Emporio solidale, l’anno scorso, con il rapporto che verteva sul bisogno di salute, è sorto l’ambulatorio medico. Penso che anche per i giovani nascerà qualcosa che vogliamo fare insieme a loro, loro stessi devono essere protagonisti nel trovare risposte non per il futuro ma nel presente”.
Il reddito di cittadinanza proposto dal governo può essere una risposta? “In questo anno è stata applicata una misura, il reddito di inclusione, che ha rappresentato un primo passo. Non prevede solo aiuti economici, ma nella collaborazione fra Comuni e volontariato, anche percorsi personalizzati di accompagnamento verso l’autonomia. Questa misura, anche per le risorse limitate, non ha risposto al cento per cento, però ha fornito segnali postivi. Il reddito di cittadinanza è ancora una incognita, vedremo come sarà realizzato. Si basa sui centri per l’impiego che, a differenza dei Comuni, non sono attrezzati e non hanno il personale formato a queste esigenze. Al momento è un punto interrogativo, vedremo”.