Gli amanti dei paradossi possono davvero sbizzarrirsi con questa storia. Dunque, il Comune di Rimini affronta l’impopolarità e le rivolte dei comitati andando avanti con il progetto, costoso, delle microaree da assegnare ai Sinti attualmente accampati in condizioni deplorevoli in via Islanda. Nello stesso tempo, caccia i Sinti che da decenni vivono felici e integrati in microaree di loro proprietà che non sono costate un euro alle casse comunali.
I Sinti in questione, circa 30 nuclei famigliari, 140 persone, di cui la metà bambini, visto che fino ad oggi non sono riusciti ad avere risposte dal Comune, hanno deciso di rendere pubblica la loro storia. Sono in prevalenza giostrai, da decenni residenti a Rimini, città nella quale periodicamente tornavano nei periodi in cui non erano in giro con giostre e carovane. Si sistemavano in luoghi ovviamente non deputati alla sosta di carovane, visto che a Rimini un campo nomadi autorizzato non c’è mai stato. Circa trent’anni fa, l’amministrazione comunale suggerì loro la soluzione: acquistate un terreno e lì potrete sostare senza disturbare nessuno. I Sinti accettano il suggerimento e acquistano i terreni, tutti agricoli, in diversi punti della città: Rimini Nord, San Vito, Spadarolo, via Pomposa, zona del Gross. Vi insediano le loro roulotte o le loro casette mobili di legno, senza fondamenta. Molti di loro da itineranti sono diventati stanziali, altri hanno deciso di lavorare solo nelle vicinanze. I loro bambini vanno tutti a scuola, pagano le tasse, hanno allacci regolari alle utenze domestiche, con i vicini intrattengono rapporti buoni.
Nel 2005 entra in vigore una legge nazionale che equipara la loro presenza sui terreni agricoli a veri e propri abusi edilizi, da perseguire con multe, demolizioni e, in caso di non ottemperanza, con la requisizione dei terreni. Negli ultimi anni, sotto il mandato della giunta Gnassi, è scattata la lotta ad ogni forma di abusivismo ed anche i Sinti si sono visti recapitare sanzioni e ordini di demolizione, in qualche caso anche la requisizione del terreno. Man mano che le pratiche andranno avanti, le famiglie si troveranno in mezzo alla strada.
I Sinti hanno presentato nei mesi scorsi la loro controproposta. In un’istanza hanno chiesto al Comune di applicare anche al loro caso la legge regionale n.11 del 2015, la stessa usata dall’amministrazione per realizzare le microaree per i Sinti che dovranno abbandonare via Islanda. Ogni nucleo con la sua “casetta” unifamiliare, su un terreno di proprietà: sarebbero microaree a costo zero per le casse comunali, basterebbe solo un cambiamento di destinazione d’uso secondo le norme della legge regionale.
Per sostenere la loro causa sono scesi oggi a Rimini anche Diana Pavlovic, portavoce di Alleanza Romanì, associazione che si batte per i diritti delle popolazioni Sinti e Rom, e Antonio Reinhardt della Missione Evangelica Tzigana. “Abbiamo parlato con il capo di gabinetto del sindaco e con l’assessore Gloria Lisi, - spiega Pavlovic – ma non abbiamo ottenuto risposte.” A dire il vero una risposta è arrivata, firmata dal dirigente Fabio Mazzotti, il quale scrive che l’amministrazione non intende avvalersi delle facoltà concesse dalla legge regionale “valutando che la pervasività della misura in questione sia suscettibile di determinare effetti sugli squilibri territoriali sproporzionati rispetto alla gravità dei fenomeni da fronteggiare”. Una frase che potrebbe vincere il campionato nazionale di lingua burocratese, ma che lascia intendere quale sia il problema. “Probabilmente – osserva Pavlovic – temono, visto che c’è già la pratica calda di via Islanda, di suscitare proteste e reazioni da parte dei cittadini. Rimini potrebbe invece prendere esempio da Padova dove un sindaco leghista, dopo aver fatto visita ad un insediamento Sinti uguale a quelli di Rimini, ha deciso di sanare tutte le situazioni. Ma più vicino a Rimini c’è l’esempio di Misano dove il sindaco ha risolto il problema proprio come da noi indicato”.
I Sinti pensano che, dopo aver inutilmente insistito coi funzionari e con l’assessore Lisi, solo il sindaco Gnassi possa risolvere la situazione. Che, in caso contrario, potrebbe evolvere verso conseguenze drammatiche dal punto di vista sociale e dell’ordine pubblico. Dove finiranno queste 140 persone buttate fuori dalla loro proprietà? “Non vorremmo essere costretti – dice la riminese Babooska Gerardi – a dover dar vita ad un nuovo campo abusivo come quello di via Islanda”.
E così torniamo ai numerosi paradossi di questa storia. Il Comune ha tollerato per 30 anni il degrado di via Islanda ma non tollera le casette mobili di chi vive integrato nella città. Spende centinaia di migliaia di euro per le realizzare le microaree ai Sinti di via Islanda ma nega il riconoscimento a microaree di fatto, private, senza costi per le casse comunali. Paradossi che il Comune è chiamato a sciogliere prima che esploda una emergenza difficile da gestire.