Il Teatro Galli di Rimini com’è e come sarà. Il sindaco Andrea Gnassi, nel discorso inaugurale, tira una riga sul passato. D’ora in poi non si parlerà più del teatro com’era e dov’era, si parlerà dell’oggi, il teatro che c’è e del suo futuro, della nuova storia che è cominciata ieri sera, 28 ottobre 2018, 75 anni dopo quel bombardamento del 28 dicembre 1943 che lo aveva in gran parte distrutto. A Gnassi piacciono i “tormentoni”, e dopo quello ormai noto del Teatro che dialoga con Rocca, ieri sera ha lanciato il “teatro com’è e come sarà”.
I riminesi, probabilmente per la prima volta, ascoltano un sindaco che parla con il timbro della voce segnato dall’emozione. Del resto, la sua stessa regia dell’inaugurazione è volta a sollecitare le corde emotive dei presenti. Quando il sipario si apre, l’occhio di bue illumina non il sindaco, ma uno sconosciuto. Che poi si presenta: è Luciano Bagli, 75 anni, nato il 28 dicembre 1943, il giorno dei bombardamenti, il giorno della distruzione del Galli. “Mia mamma e mio babbo pur in condizioni difficili hanno deciso di mettermi al modo perché erano persone forti e pieni di speranza come tanti riminesi. Come tanti, non ho mai potuto assistere ad un’opera qui dentro, stasera finalmente ci riesco”.
La famiglia di Bagli – racconterà poi Gnassi con il groppo in gola - era sfollata nelle gallerie di Serravalle insieme alla mia”.
Si chiudono i cerchi della vita personale, e si chiudono anche quelli della città. Con la riapertura del Galli si elimina il groppo di un teatro che la città ha ricostruito dopo tanto, troppo tempo. “Ma il tempo dei meriti e delle colpe deve lasciare spazio alla riconciliazione della comunità con la sua storia. Facciamo pace con chi siamo stati e con chi ci siamo dimenticati di essere stati”, scandisce Gnassi.
La platea ascolta e si guarda intorno, punta gli occhi verso l’alto sulla magnifica volta che copre il Galli, guarda a destra e a sinistra la teoria di palchi. All’ingresso tutti tradivano l’entusiasmo di partecipare ad un evento storico. Foto di gruppo, selfie, sguardi curiosi e ammirati, tutti alla scoperta di ogni aspetto della novità, a partire dai bar dove bere qualcosa prima di entrare in sala. Molte signore si sono presentate all’appuntamento con la mise che l’evento storico chiedeva: abiti lunghi, in nero ma anche con colori sgargianti; fra gli uomini in tanti con completo scuro e papillon, lo stesso Gnassi era in smoking. Non è mancato chi ha pensato che forse l’avrebbero notato di più se si fosse presentato con un look sportivo tutt’altro che serale. Anche Gnassi poi sottolinea che questo è un teatro per pellicce e anfibi. “Ma pellicce ecologiche”, precisa, strappando una risata.
Il sindaco ricorda la sua vision: il teatro come motore di un quadrante della città che comprende arena sull’acqua e ponte di Tiberio, cinema Fulgor, galleria d’arte al Palazzo del Podestà. E naturalmente la Rocca, sede del futuro museo felliniano, che dialoga con il teatro ottocentesco. Quando ripete il suo tormentone preferito, alle spalle si aprono le quinte che fanno intravedere Castel Sismondo, e dalla platea nasce spontaneo l’applauso. Ieri sera il Galli ha dialogato anche con piazza Cavour dove era stato installato un maxi schermo per permettere a chi voleva di seguire la Cenerentola di Gioacchino Rossini, magistralmente eseguita dall’orchestra (Les Musiciens du Prince) e interpretata da Cecilia Bartoli e gli altri cantanti del cast. La piazza era piena e l’effetto teatro era assicurato dalle immagini dell’interno del Galli proiettate sul Palazzo del Podestà e sugli edifici di fronte.
“Il Galli è una ripartenza per Rimini, una città che si proietta verso il futuro. Il Galli rinasce per andare oltre”, spiega Gnassi.
Non mancano nel discorso del sindaco i ringraziamenti. Non cita nomi, esprime il suo grazie ai consigli comunali e alle amministrazioni di ieri e di oggi. Ma il grazie più caloroso lo riserva alle maestranze che hanno costruito e allo staff comunale, dipendenti, funzionari, dirigenti, che ha seguito il progetto passo a passo, fino all’evento di ieri sera. “Dobbiamo tornare a guardare il cielo… Questa sera apriamo una porta che è stata chiusa per troppo tempo”.
Terminato il discorso, si parte davvero. L’orchestra accorda gli strumenti, entra il direttore Gianluca Capuano e l’ouverture immette direttamente nei suoni e nelle arie tipiche di Rossini.
Al termine del primo atto la prima valanga di applausi: cantanti e direttore fanno più di un’uscita per raccogliere il consenso del pubblico. Una fatto inusuale, tanto che in sala a qualcuno viene i dubbio che l’opera sia finita. Lo pensano in piazza, che si svuota, lasciando solo pochi fedelissimi a seguire il secondo atto.
Il finale è un trionfo. Applausi di qualche minuto per Cecilia Bartoli e per tutto il cast. Dall’alto piovono fiori. E Gnassi ne porta un mazzo alla Bartoli. Il Galli è rinato, una nuova pagina di storia si è aperta.