Il Comune di Rimini è pronto ad investire nei prossimi tre anni un massimo di 2 milioni e 270 mila euro (più altre 500 mila in caso di proroga di un anno) per avviare la propria DMC (Destination Management Company), ovvero la propria società per il marketing territoriale. L’argomento è approdato martedì mattina nella quinta commissione consigliare e prossimamente sarà esaminato dall’intero consiglio per l’approvazione.
L’amministrazione ha un traguardo che è quello del prossimo 1 ottobre. Al 30 settembre, infatti, chiude definitivamente Rimini Reservation, la società che fino ad oggi ha gestito il sistema di prenotazioni e la gestione degli Uffici Iat. Ma la nuova società che nascerà non si occuperà solo dell’accoglienza e dell’informazione turistica, i suoi obiettivi sono molto più ambiziosi. La sua mission sarà quella di promuovere il brand Rimini a 360 gradi, dovrà fare pianificazione e ricerca, marketing, promozione, commercializzazione e sviluppo del prodotto, leadership, coordinamento e team building fra tutti gli attori del territorio, sviluppare relazioni virtuose con la comunità locale. Tutto questo dovrà farlo “in coerenza con le strategie regionali per la promo-commercializzazione e nell’ambito delle funzioni proprie attribuite ai Comuni dalla Costituzione e dal Testo Unico degli Enti Locali”. Nel documento che accompagna la delibera il riferimento alle strategie regionali è ripetuto più di una volta: evidente la preoccupazione di sgomberare il campo da possibili attacchi sulla lesa maestà della legislazione regionale. La Regione, per attuare il marketing del territorio, ha creato le Destinazioni, nel nostro caso Destinazione Romagna, che è un vero e proprio ente pubblico, con tutti i limiti di snellezza, operatività ed efficienza che questo nome porta con sé. La Destinazione Romagna, sorta ufficialmente da più di un anno, è ancora ai primi passi, tanto che non ha nemmeno realizzato l’obiettivo minimo di un sito web. Il documento di Rimini non a caso sottolinea questa fase di avvio della Destinazione e l’esigenza di dare una risposta agli Uffici Iat,che non possono essere gestiti dal Comune.
Ma la vera ragione della scelta di costituire una DMC sta in quella parte del documento in cui si narrano le trasformazioni in atto nella città, dagli interventi nel centro storico, al piano per la balneazione fino al Parco del Mare.
“Se, dunque, - questo il passaggio centrale - gli anni passati sono stati contraddistinti dallo sforzo economico e progettuale finalizzato alla realizzazione delle citate, strategiche, opere pubbliche, gli anni prossimi dovranno vedere la città impegnata nella promozione e promo commercializzazione della nuova Rimini che cambia e si riqualifica, costituendo indubbiamente un ulteriore, fondamentale, fattore di attrattività turistica, da affiancare ai prodotti più conosciuti ed affermati (leisure, family, business...)”.
Ancor più esplicito un passaggio successivo: “La nuova Rimini che cambia ha bisogno di dotarsi di un organismo di alto profilo che faccia marketing della destinazione per un cambio di passo verso un’azione di promozione turistica forte ed organica”.
C’è quindi bisogno di un soggetto terzo, una società specializzata in destination management, che il Comune selezionerà con un bando pubblico entro i primi sei mesi dell’anno prossimo.
E si precisa che “I soggetti partecipanti alla selezione dovranno proporre al Comune, in un quadro ampio, professionale e coordinato, un progetto di destination marketing e management per la città di Rimini, articolato su un arco temporale massimo di 3 anni (eventualmente prorogabile di un ulteriore anno)”.
L’idea è da tempo che cova nei pensieri dell’amministrazione, visto che la giunta ha anche incaricato l’Università di svolgere una ricerca di benchmarking per verificare come funzionano le DMC di importanti città europee di mare come Barcellona, Nizza, Göteborg, Lisbona e Valencia, alle quali sono state aggiunte una destinazione internazionale come Londra e una città italiana come Bologna. L’inserimento del capoluogo emiliano è tutt’altro che casuale: Bologna Welcome è infatti un virtuoso esempio, sia per la capacità di coinvolgimento di tutte le espressioni della città sia per i risultati raggiunti, visto che Bologna negli ultimi anni ha visto crescere le presenze turistiche con percentuali a due cifre. Un boom al quale non è certo estraneo lo sviluppo dell’aeroporto, al quale collabora Bologna Welcome siglando le intese di co-marketing con le compagnie aeree.
Nel documento che accompagna la delibera e che riassume anche i risultati del benchmarking, si osserva che “la decisione del Comune di allocare una parte della tassa di soggiorno alla DMO (destination Managenent Organization) può rappresentare una forma di “public seed funding” in logica di imprenditorialità istituzionale nel territorio, rilevante per innescare un ciclo virtuoso che nel medio-lungo termine può generare ricavi propri e quindi anche il conseguimento di livelli crescenti di autonomia finanziaria”.
Cosa voglia dire in concreto questo meccanismo è tutto da scoprire, ma è certo che a Palazzo Garampi pensano che la nuova Rimini Welcome, o come altro si chiamerà, potrebbe essere lo strumento utile anche per avviare una collaborazione fra il territorio e l’aeroporto a gestione privata, al fine di incrementare i voli da città europee interessanti per il turismo.
Nel 2019 l’introito dell’imposta di soggiorno a Rimini sarà di nove milioni, le risorse quindi non mancano, soprattutto se non le si disperdono in mille rivoli spesso discutibili.. Una somma enorme rispetto ai 2 milioni e 270 mila euro che il Comune è disposto a investire per i primi tre anni. Sono sicuri a Palazzo Garampi che una tale somma sia sufficiente a far fronte agli ambiziosi obiettivi che vengono assegnati alla nascente DMC?
Valerio Lessi