Evviva il governo del cambiamento. Cambia proprio tutto, anche le promesse solennemente dette e ripetute. Con delusione profonda dei bagnini che a quelle improbabili promesse avevano incautamente creduto. Nel mondo balneare è stata una doccia fredda nella calura estiva la notizia che nella bozza di Dpcm predisposta dal ministro Gian Marco Centinaio per delineare i principi della legge quadro del settore, l'uscita delle spiagge dalla Bolkestein non c'è. Al contrario c'è scritto che dal 1 gennaio 2034 si dovranno fare le evidenze pubbliche, come appunto richiede la direttiva Bolkestein.
Proprio a Rimini, nell'ottobre scorso, il ministro Centinaio aveva solennemente dichiarato: «Abbiamo dato – spiega Centinaio – l’indicazione politica ai nostri tecnici di far uscire le spiagge dalla direttiva Bolkestein. Il percorso «ormai è tracciato. Faremo incontri con i tecnici delle associazioni di categoria, in parallelo si svolgeranno le audizioni della commissione Attività produttive e turismo della Camera. Vogliamo coinvolgere tutti, perché questa è una battaglia di civiltà». Delle promesse leghiste era stata ampio megafono sul territorio l'on. Elena Raffaelli, bagnina e assessore a Riccione.
Con la legge di bilancio per il 2019 era arrivata solo la promessa proroga di quindici anni, rimandando al 30 aprile le linee per la legge quadro. Ma a quella data non sono mai arrivate e neppure c'è stato il promesso coinvolgimento delle associazioni dei balneari per scrivere le norme. Il ministero ha proceduto da solo.
Verso fine aprile La Repubblica aveva lanciato la notizia, poi rivelatasi infondata, di una procedura di infrazione per la proroga di quindici anni. Il 30 aprile il ministro Centinaio aveva rilasciato una intervista allo stesso quotidiano in cui dichiarava: «Cercheremo di far capire alla Commissione che le concessioni balneari non sono servizi e quindi non entrano nel perimetro della Bolkestein. Stiamo studiando le argomentazioni da portare a Bruxelles. Faremo di tutto per evitare l'infrazione e per far capire all'Europa la nostra posizione». Centinaio poi aggiungeva una frase che con il senno del poi è rivelatrice: «Se poi non sarà possibile, valuteremo la situazione».
Il ministro, già in quella data, aveva chiare le linee direttrici. «In questi giorni presenteremo il decreto attuativo del provvedimento previsto in manovra con gli obiettivi che ci siamo prefissati. Sarà confermata la proroga senza gara e la correderemo con una serie di motivazioni del provvedimento, in tutto quattro, da mandare a Bruxelles: faremo una mappatura del litorale per capire esattamente quante sono le spiagge libere, imporremo in capo a chi rinnoverà la concessione degli obblighi su qualità dei servizi, tutela del territorio e del mare, poi promuoveremo l'aggregazione tra stabilimenti così come la partnership tra pubblico e privato e infine prevediamo un rating per colpire i furbetti, ovvero chi subappalta o non paga le tasse, che saranno penalizzati per il rinnovo tra 15 anni". A parte l'esclusione delle gare, non confermate, per il resto ci sono già tutti i punti fondamentali del provvedimento, anticipati ieri da Il Sole- 24 Ore.
Quindi intorno al 30 aprile il decreto era già pronto ma non è stato reso pubblico ed anche oggi nessuno ne conoscerebbe i contenuti se non ci fosse stata l'anticipazione del quotidiano di Confindustria.
È immaginabile che già allora Centinaio conoscesse le prevedibilissime riserve dell'Unione europee sulla proroga delle concessione senza la messa a gara. Forse era questa la notizia che La Repubblica aveva tradotto con un avvio della procedura di infrazione. Probabilmente quando si è presentato con un testo che non prevedeva le evidenze pubbliche a Bruxelles gli hanno fatto capire che sarebbe stata inevitabile.
Sarà interessante conoscere dallo stesso Centinaio le motivazioni per quello che, stando alle anticipazioni, è un clamoroso voltafaccia delle ripetute promesse. Il realismo della politica ha suggerito di non aprire un altro fronte di conflitto con l'Europa? Se così fosse, sarebbe lecito dedurre che le bordate leghiste e sovraniste contro i burocrati di Bruxelles sono esclusivamente a salve, quando è il momento di decidere si rientra disciplinatamente nei ranghi.
Oppure ha ragione il presidente del Sib-Confcommercio Antonio Capacchione quando a Mondo Balneare dice che sarebbe utile l'acquisizione sul testo del DPCM anche del parere del Consiglio di Stato per paralizzare incaute iniziative giudiziarie e per tranquillizzare qualche titubante funzionario comunale. Il punto è appunto la titubanza di qualche funzionario comunale. A parte Riccione e qualche altro, nessun Comune ha ancora ha messo il timbro sulla proroga a quindici anni, nel timore, viste le continue pronunce della giurisprudenza pro-Bolkestein, di essere chiamati a pagare di persona. Secondo alcuni esperti, nemmeno il testo del Dpcm sarebbe sufficiente a evitare grane, ma è ipotizzabile che la retromarcia sia stata fatta per rendere più agevole la proroga. Tutto potrà essere più chiaro quando sarà ufficialmente reso pubblico il testo completo.