Tempi duri per i balneari. La settimana dal 7 al 13 marzo ha visto susseguirsi una dopo l’altra notizie che mettono in discussione la proroga delle concessioni al 2033, introdotta nel 2018 dal governo giallo-verde. Per rendersi conto di quanto sia forte l’allarme nell’intera categoria basta sfogliare le pagine di mondobalneare.it, l’organo di informazione che si fa interprete delle posizioni dei titolari delle concessioni demaniali marittime a scopo ricreativo turistico.
Il 7 marzo è stata resa nota la lettera (in realtà spedita il 15 febbraio) del presidente dell’Agcm, l’autorità per la concorrenza, a Camera, Senato, Presidente del Consiglio, Ministro dello sviluppo economico. La lettera ha per oggetto “disciplina delle concessioni di posteggio per il commercio su area pubblica”, ma le considerazioni sono estese anche alle concessioni balneari. “La contigua giurisprudenza, europea e nazionale, in materia di concessioni demaniali marittime – scrive l’Agcom - ha costantemente ribadito la necessità di assegnare le concessioni all’esito di selezioni trasparenti e non discriminatorie e per una durata limitata e proporzionata agli investimenti. La giurisprudenza ha altresì costantemente ribadito l’illegittimità di previsioni che dispongano proroghe automatiche al concessionario uscente, in quanto di per sé ostative a qualsiasi forma di selezione, necessaria ogni qual volta occorra assegnare un bene pubblico per l’esercizio di attività suscettibili di apprezzamento in termini economici”. Una bocciatura a tutto tondo delle proroghe automatiche, tante care a molti bagnini e alle loro associazioni di categorie.
A preoccupare i balneari è il fatto che, lettera a parte, l’Agcm sembra aver messo nel mirino le proroghe al 2033 applicate da alcuni Comuni. In alcuni casi, per il momento, si è limitata a una diffida, in altri casi si è costituita in giudizio davanti al Tar. È il caso del procedimento contro il comune di Piombino che aveva pubblicato una determina con la proroga al 2033 di alcune concessioni. La sentenza, 26 pagine, si pronuncia su tutti gli aspetti della complessa materia e ha messo in forte allarme i sostenitori del “protezionismo” ad oltranza. Si teme in un effetto valanga, cioè che l’Agcm, visti i primi successi ottenuti, ricorra al Tar contro tutte le determine dei Comuni (anche Rimini ne ha assunta una).
Il Tar della Toscana ha accolto il ricorso dell’Agcm con le seguenti motivazioni: «In seguito alla soppressione dell’istituto del “diritto di insistenza”, ossia del diritto di preferenza dei concessionari uscenti, l’amministrazione che intenda procedere a una nuova concessione del bene demaniale marittimo con finalità turistico-ricreativa, in aderenza ai principi eurounitari della libera di circolazione dei servizi, della par condicio, dell’imparzialità e della trasparenza, ai sensi del novellato art. 37 cod. nav., è tenuta a indire una procedura selettiva e a dare prevalenza alla proposta di gestione privata del bene che offra maggiori garanzie di proficua utilizzazione della concessione e risponda a un più rilevante interesse pubblico, anche sotto il profilo economico». I giudici del Tar della Toscana richiamano inoltre l’articolo 12 della direttiva Bolkestein, secondo cui quando «il numero di autorizzazioni disponibili per una determinata attività sia limitato per via della scarsità delle risorse naturali o delle capacità tecniche utilizzabili, gli Stati membri applicano una procedura di selezione tra i candidati potenziali, che presenti garanzie di imparzialità e di trasparenza e preveda, in particolare, un’adeguata pubblicità dell’avvio della procedura e del suo svolgimento e completamento», Inoltre la direttiva precisa che «l’autorizzazione è rilasciata per una durata limitata adeguata e non può prevedere la procedura di rinnovo automatico né accordare altri vantaggi al prestatore uscente o a persone che con tale prestatore abbiano particolari legami».
Ma la settimana nera dei balneari italiani non era ancora finita. Il giorno dopo la sentenza del Tar della Toscana (per sua natura ancora appellabile, quindi non definitiva), ecco arrivare la sentenza del Consiglio di Stato, che invece è definitiva. Il pronunciamento dei giudici del Consiglio di Stato è avvenuto nell’ambito di un giudizio di ottemperanza (cioè quando si obbliga un’amministrazione a dare esecuzione ad una sentenza). Ma, al di lè dell’occasionemparticolare, il pronunciamento è comunque netto: «l’ente competente al rilascio della concessione demaniale marittima ad uso turistico ricreativo, in ragione della normativa disciplinante il settore, non può procedere in via diretta al rilascio stesso ma solo all’esito di una selezione tra gli aspiranti concessionari se non previa selezione». Nelle note sono richiamate la celeberrima sentenza del 2016 della Corte europea di giustizia e le sentenze precedenti di altre sezioni del Consiglio di Stato.
Le sentenze che periodicamente si susseguono mettono in evidenza che l’automatica proroga di quindici anni non aveva una solida base giuridica. La proroga era stata introdotta annunciando che poi sarebbe seguita una organica legge di riforma del settore. Quella che non si riuscì ad approvare in tempo nella scorsa legislatura. Nell’attuale Parlamento non risulta che qualcuno vi stia lavorando. Adesso la palla passa dalle aule dei tribunali amministrativi a quelle della politica. Anche se c’è chi ancora si attarda a immaginare una non applicazione della Bolkestein per gli stabilimenti balneari. Ed è tutto da vedere come (e se) si pronunceranno sulla questione questo Parlamento e questa estesa maggioranza al cui interno convivono tutte le posizioni e il loro contrario.