Non mi pare sia molto vasta la letteratura dei miracolati, cioè il racconto in prima persona della storia di chi è stato oggetto della grazia divina per intercessione di un beato o di un santo. Quindi il libro di Stefano Vitali (Vivo per miracolo, Sempre editore) è una lettura in qualche modo originale, molto adatta a questo tempo di pandemia che spinge a interrogarsi sulla fragilità dell’esistenza e sull’imprevisto che arriva a cambiare i nostri progetti, a farci uscire dalla bolla in cui inconsapevolmente ci siamo rifugiati. Giustamente nella prefazione il vescovo Francesco Lambiasi osserva che siamo di fronte ad un libro di “confessioni”. Le più celebri sono quelle di Agostino, e a loro modo anche quelle di Vitali sono attraversate dalla domanda sul significato del tempo.
L’ex segretario di don Oreste Benzi (ed ex molto altro, assessore, presidente della Provincia), confessa che giunto alla soglia dei quarant’anni si sentiva un Dio, un egocentrico. «Un uomo che aveva tutto, convinto che nulla avrebbe potuto fermarlo. Convinto di poter dominare il tempo». A sgonfiare la bolla arriva un tumore, di quelli brutti, devastanti. Ed una voce si insinua martellante nella sua vita: «Stefano, non hai più tempo». Accompagnata da una domanda senza risposta «Perché proprio a me?».
Nel libro Vitali racconta passo dopo passo cosa provoca in lui questa consapevolezza, si mette a nudo facendoci partecipi delle sue reazioni di fronte alle sentenze dei medici, al proprio corpo che non è più lo stesso dopo gli interventi chirurgici, alla via crucis della chemioterapia.
Il suo però non è un cammino solitario. È invece accompagnato da persone che sono presenti. La moglie Lolli, gli amici, il padre, la madre e, soprattutto, don Oreste. «Quante volte – scrive Vitali - l’ho visto dopo aver ricevuto una cattiva notizia chiudersi in se stesso per pochi istanti, per poi riaprirsi con il suo sorriso dicendo: “Tutto è grazia”».
La memoria di come il sacerdote reagiva alle avversità provoca un cambiamento: «Arrivai anche a pensare che dopo tutto fosse per me una buona occasione», fino ad accettare la sfida di vivere intensamente il tempo. «E quando lo vivi intensamente, riesci a goderti addirittura l’istante e se vivi l’istante il tempo si dilata, è come se ne avessi di più. Questa modalità di assaporare il tempo, assolutamente nuova per me, mi trasmetteva forza e serenità, almeno durante il giorno».
Ma la domanda «Perché a me?» non demorde. Vitali decide di girarla a don Oreste, il quale ha già pensato di affidare il caso di Stefano a Sandra Sabattini, la ragazza della Comunità Papa Giovanni XXIII morta in un incidente stradale il 2 maggio 1984, per la quale era stato aperto da poco il processo di beatificazione. Cosa successe in casa sua quando don Benzi propose di chiedere l’intercessione di Sandra, Vitali l’ha raccontato spesso. Con una battuta, si potrebbe dire che il miracolo è stato chiesto a sua insaputa. Lui di Sandra non sapeva nulla, a lei non avrebbe mai pensato, la sua domanda pressante non era il miracolo ma «Perché a me?».
Ma don Oreste aveva avuto l’intuizione giusta. «Inspiegabilmente», come hanno attestato fior di oncologi esperti, il tumore sparisce. E con il tempo, a Vitali viene in mente quella visita di don Oreste, la discussione del prete con la moglie su quale santo fosse più utile pregare: tutto questo è accaduto veramente o è stato un sogno?
Era accaduto, e Stefano comincia a documentarsi sulla vita di Sandra, divora la Positio (il volume su vita e virtù della futura beata), Sandra Sabattini da estranea diventa una presenza amica.
Le circostanze (nel libro si racconta quali) negli ultimi anni hanno portato Vitali a girare il mondo al servizio delle realtà missionarie della Comunità Papa Giovanni XXIII. Uscito dalla bolla, decide di «vivere il tempo non secondo quello che volevo fare, ma secondo quello che mi veniva richiesto di fare».
La domanda «Perché a me?» lo insegue ancora. «In attesa di trovare quella risposta, devo vivere il mio tempo intensamente perché in fondo quel tempo mi è stato regalato e io non posso e non devo sprecarlo». Ciò lo ha confermato nella scoperta del valore dell’istante: «Godendomi l’istante sono riuscito a fermare il tempo, dilatandolo e lasciandolo entrare nella profondità dei miei sensi, della mia memoria e del mio cuore».
L’ultima pagina del libro è occupata da ciò che Sandra scrisse tre giorni prima di morire: «Non è mia questa vita che sta evolvendosi ritmata da un regolare respiro che non è mio, allietata da una serena giornata che non è mia. È tutto un dono su cui il Donatore può intervenire come e quando vuole. Sandra, abbi cura del regalo fattoti, rendilo più bello e pieno per quando sarà l’ora…».
La cerimonia di beatificazione, prevista per il 14 giugno in Fiera, è stata rinviata a data da stabilire in ragione della pandemia.
Valerio Lessi