A Rimini operatori economici e amministratori pubblici hanno scoperto che a 50 chilometri di distanza c’è un aeroporto che può essere concorrente con il Fellini. La bagarre è scoppiata in relazione ad alcune destinazioni coperte da entrambi gli scali, e si è subito evocata la “guerra dei cieli” che nel recente passato è terminata con il fallimento di entrambe le società di gestione a capitale pubblico.
Il tema è all’ordine del giorno, ma non da oggi, bensì da quando una cordata di imprenditori forlivesi si è aggiudicata la gestione del Ridolfi, facendo capire fin da subito che avrebbero impiegato i loro capitali per rilanciare lo scalo al servizio dell’economia locale. Qualcuno a Rimini pensava che avessero investito e poi, visto che la riapertura è stata un lungo percorso ad ostacoli, avrebbero lasciato perdere alle prime difficoltà? No, sono andati avanti.
L’aeroporto di Forlì ora propone voli per 31 destinazioni. Undici sono in concorrenza con Rimini, ci si è lamentati dalla Riviera. In realtà, stando a quanto pubblicato sui rispettivi siti di Forlì e di Rimini, in concorrenza ci sarebbero soltanto i voli per Palermo e Cagliari (ma qui siamo nel campo dell’outgoing) e per Budapest (incoming da una destinazione estera). Forlì ha occupato anche un’area storicamente preziosa per la Riviera riminese, con voli da Monaco e Amburgo, ma non sono in concorrenza perché Rimini non propone nulla dalla Germania.
Al pari del Fellini il Ridolfi cerca passeggeri in Polonia, però Forlì è andato a Katowice e a Lodz, Rimini ha scelto Cracovia e Varsavia (charter). Su 31 destinazioni coperte dall’aeroporto di Forlì, sette si caratterizzato per l’incoming, e ventiquattro per l’outgoing, cioè per portare turisti romagnoli all’estero. Su 17 destinazioni di voli di linea, Rimini ne propone due outgoing e il resto per l’incoming. Quindi, al momento, Forlì pare più orientata a portare turisti romagnoli nelle isole greche e a Ibiza che turisti stranieri negli alberghi di Cervia e Cesenatico. A subire la concorrenza, più che l’economia turistica di Rimini, è la società Airiminum 2014.
Ma non è questo il punto. Il fatto stesso che a 50 chilometri di distanza esista un aeroporto che ha deciso di funzionare è oggettivamente un fattore di concorrenza per lo scalo di Rimini. E non fa onore alla classe dirigente riminese essersene accorta quando ormai i giochi erano fatti. La questione, finora non adeguatamente soppesata, è che all’ipotetica “guerra dei cieli” Forlì va con un’arma in più. E questa arma in più si chiama rapporto organico con il territorio. Confcommercio e Confesercenti delle province di Forlì-Cesena e di Ravenna hanno costituito una Dmc (Destination Management Company) per rilanciare il turismo nel loro territorio. Il partner scelto per quest’azione promozionale è FA, la società che gestisce il Ridolfi: un vero e proprio matrimonio visto che la Dmc ha sede proprio all’interno dell’aeroporto. Tutto questo nel primo anno di vita dell’aeroporto, anzi prima ancora che il primo aereo fosse decollato. A Rimini, dopo cinque anni di gestione, non è nata una iniziativa di collaborazione diretta fra il territorio e l’aeroporto. Da una parte, gli amministratori pubblici e gli esponenti del partito al governo della città dal caso Aeradria in poi hanno sempre tenuto un basso profilo sulle vicende dell’aeroporto. Dall’altra, gli imprenditori si sono limitati ad auspicare un aeroporto al servizio del territorio. Anche Rimini ha una sua Dmc, Visit Rimini, ma nei programmi di marketing finora enunciati la parola aeroporto non è comparsa, anche se nella fase istruttoria era più volte trapelata l’ipotesi che la Dmc dovesse servire anche per iniziative promozionali insieme al Fellini, utilizzando i proventi della tassa di soggiorno. Un dibattito di cui si è persa traccia. Ancora una volta Rimini deve prendere atto che, rispetto al resto della Romagna, non riesce a fare sistema. È un film già visto nel recente passato per l’università e per la sanità.
Il dibattito di questi giorni ha inoltre messo in risalto una sorta di isolamento di Rimini rispetto al resto della Romagna. I presidenti di Federalberghi e di Assohotel di Ravenna sono intervenuti per chiedere un supporto economico per una navetta con l’aeroporto di Forlì, nuove modalità di collegamento con il Marconi di Bologna dopo l’entrata in funzione del people mover. E Rimini? Si afferma genericamente che devono esser sviluppate iniziative promozionali.
Cosa può fare la politica in questo scenario? C’è chi ha scelto una posizione defilata ed equilibrista, come il segretario della Lega Romagna Jacopo Morrone, grande sponsor del Ridolfi ma anche gran manovratore del centrodestra a Rimini. C’è il sindaco di Rimini, Andrea Gnassi che si scaglia contro la logica che ogni territorio debba fare tutto. Ragionamento giusto ma che nel caso dell’aeroporto cozza contro la realtà che uno scalo a Forlì esiste, e la sua esistenza dipende da una concessione rilasciata dall’Enac che per mestiere deve far funzionare gli aeroporti. C’è infine la posizione dell’assessore regionale Andrea Corsini che oggi è di nuovo intervenuto sul tema dopo aver «letto con stupore le dichiarazioni uscite nei giorni scorsi». Corsini innanzitutto prende le distanze da una «diatriba dal sapore provinciale e localistico», «Stiamo parlando – spiega - di due asset di proprietà dello Stato, che giustamente li vuole valorizzare per la loro funzione che è quello di essere hub aereoportuali, entrambi strategici per lo sviluppo non della sola Romagna ma di un mondo più ampio che si chiama Emilia-Romagna e non solo”. Primo messaggio: sbagliato ridurre tutto all’orizzonte dei campanilismi romagnoli.
Ai riminesi che temono la concorrenza aggiunge: «Rimini è una delle più grandi destinazioni turistiche d’Europa, non appena le persone potranno tornare a muoversi, ritornerà prepotentemente ad essere scelta da milioni di turisti internazionali che utilizzeranno il Fellini e il Ridolfi». Secondo messaggio: gli aeroporti devono portare turisti per la Riviera, se atterrano a Forlì o a Rimini, non fa differenza. Corsini poi accenna all’esistenza di un turismo business, legato allo sviluppo dell’hub portuale di Ravenna e dell’agroalimentare che potranno fare di Forlì quella infrastruttura necessaria per la competitività della Romagna. Terzo messaggio: Forlì sviluppi questa vocazione business, che così a Rimini sono più tranquilli. E la Regione che fa? « Confermiamo di voler sostenere gli investimenti e lo sviluppo degli aeroporti, nel pieno rispetto dell’autonomia gestionale che spetta ai privati. Quando il pubblico ha provato a gestire, a fare un mestiere che non è il suo, i risultati come tutti sanno non sono stati brillanti». Quarto messaggio: non abbiamo alcuna intenzione di mischiarci nella diatriba.
Corsini conclude il suo intervento affermando che «creare occupazione attraverso la ripresa economica è la grande sfida che impegnerà la classe politica e le parti sociali della nostra regione». Quindi, par di capire, ben vengano due aeroporti in Romagna se servono a rilanciare economia e occupazione. Ché questo è il ‘nostro’ mestiere’. Quale sia poi il mestiere della ‘nostra’ politica locale dovrebbe essere altrettanto chiaro: favorire che tutti i turisti che sbarcheranno a Bologna come a Forlì abbiano la possibilità di scegliere la nostra destinazione e arrivarci.