“C’è, non c’è, va trovato. Questi sono tutti punti di vista sbagliati sul lavoro”. E’ toccato all’economista Stefano Zamagni tirare le somme dell’incontro promosso ieri dalla Diocesi di Rimini, ‘Il lavoro (non) c’è’, a Castel Sismondo, in collaborazione con Cds – Centro di Solidarietà, Cdo, Caritas diocesana di Rimini, Progetto Policoro, Fondo per il Lavoro, Patronato Acli, Acli provinciali di Rimini, Fondazione EnAip “S. Zavatta” Rimini, Associazione Sergio Zavatta onlus, Associazione di volontariato Madonna della Carità, Cooperativa sociale Madonna della Carità.
L’iniziativa della chiesa riminese di dare vita al Fondo per il lavoro, per l’economista Stefano Zamagni, “non deve sorprendere” perché da sempre “la chiesa cattolica ha considerato la creazione di lavoro un’opera di misericordia, una tra le più importanti”. Zamagni cita l’ “ora et labora” di Benedetto da Norcia e anche il fatto che nelle loro omelie i primi seguaci di Francesco d’Assisi ci tenessero a precisare che “l’elemosina aiuta a sopravvivere, ma non a vivere perché vivere è produrre”.
Il problema, per Zamagni, è che “prevale ancora l’idea dell’assistenzialismo, mente il “lavoro non è appena un diritto: è un bisogno fondamentale e quindi un diritto umano fondamentale. Perché i diritti, se non nascono da un bisogno, restano sospesi”.
Zamagni sottolinea soprattutto come il lavoro vada “creato”, perché “non esiste in natura. Questa è un’idea petrolifera del lavoro: del petrolio esistono in natura giacimenti, si trovano e si estrae. Il lavoro non è così: non preesiste all’uomo, viene dopo, quindi va creato. L’idea di redistribuire il lavoro esistente in momenti di crisi (lavoriamo meno ore ma lavoriamo tutti) è una sciocchezza, segue la logica assistenziale e non incentiva la creatività umana”.
Il lavoro per Zamagni lo crea l’impresa e l’impresa “non è solo quella capitalistica, ma sono anche le cooperative e le società benefit, anche loro creano il lavoro”. Fino ad oggi, sottolinea Zamagni, “chi fa impresa diversa da quella capitalistica è stato discriminato, come per esempio le cooperative sociali”. E’ arrivato il momento che le imprese non capitaliste “si coalizzino per ottenere il riconoscimento che meritano”.
Altro dato da cui parte la riflessione di Zamagni è l’indagine della Fondazione JP Morgan secondo cui “l’Italia è prima in Europa per avere tanta gente che ricopre posizioni senza averne le qualità, così come è la prima in Europa per la quantità di persone che fanno lavori al di sotto delle loro possibilità e della loro istruzione. Questa è buona parte del problema”, sottolinea l’economista. Infine, Zamagni ricorda come sia al giorno d’oggi fondamentale “individuare lavoro fuori dai settori tradizionali”, nei quali la fa da padrona “la quarta rivoluzione industriale” e tutta la dotazione robotica connessa, in grado di sostituire l'uomo. Meglio guardare a settori dove ci sia possibilità di novità come i beni culturali o la conversione delle imprese in modalità green.
Come si esce dallo stallo? “Innanzitutto con l’alleanza tra università e impresa. La scuola deve scendere dal piedistallo se vuole rispondere ai bisogni delle persone”, ribadisce Zamagni. “E’ uno scandalo che i nostri laureati a 24 anni non siano mai stati in un laboratorio o in una azienda. Logico che chi deve assumere scelga altri”. A Rimini l’alleanza è possibile grazie alla presenza “dell’università e di una buona istruzione superiore”.
Arriva a questo punto la parola “sussidiarietà”. A produrla è un’altra alleanza, quella tra enti, impresa e società civile, intesi come “tre vertici di un triangolo che stabiliscono un patto (non un contratto, che è cosa ben diversa) per raggiungere gli obietivi di comune interesse”.
Ultimo punto, ma non meno decisivo, trattato da Zamagni è quello dell’educazione (in questo caso al lavoro). “La formazione ci vuole - dice - ma non è l’educazione. Educazione è il processo diametralmente opposto all’istruzione che crea persone ch sanno molte cose, ma che forse non sanno porsi nel mondo del lavoro. Oggi la conoscenza tacita è più importante della conoscenza codificata”.
Zamagni chiude con due citazioni. La prima è di Papa Francesco, dal suo ultimo discorso agli industriali. “Cari amici, voi avete «una nobile vocazione orientata a produrre ricchezza e a migliorare il mondo per tutti» (Laudato si’, 129); siete perciò chiamati ad essere costruttori del bene comune e artefici di un nuovo ‘umanesimo del lavoro’”. E chiude citando Toqueville, ‘Democrazia in America’ (1835): “Il dispotismo vede nella separazione tra gli uomini la garanzia della sua permanenza. Il despota facilmente perdona i suoi sottoposti per non amarlo, a condizione che essi non si amino l’un l’altro”.
Quando si alimentano le forme di dispotismo, conclude l’economista, “è perché noi non ci amiamo”.