Se si va a sfogliare l’album della Notte Rosa, è difficile concordare sul fatto che la novità dell’edizione 2016 sarebbero stati gli eventi diffusi e il coinvolgimento della spiaggia. Questa è la tesi del sindaco Andrea Gnassi che, a fronte delle riflessioni critiche dell’assessore regionale al turismo, Andrea Corsini, ha rilanciato sostenendo che a Rimini l’evento è stato capace di rinnovarsi e non ha manifestato segni di indebolimento della propria capacità attrattiva.
Novità non possono essere gli eventi a Castel Sismondo: proprio quando il sindaco era assessore provinciale al turismo, in quella sede si tennero con un certo successo due edizioni del Festival di poesia medievale. Novità non è il coinvolgimento della spiaggia: nel 2009, proprio per rilanciare l’evento che già alla quarta edizione rischiava di essere ripetitivo, la Provincia si inventò che nella Notte Rosa si poteva realizzare il sogno di fare il bagno a mezzanotte. In tre zone di spiaggia si creò una situazione protetta in cui, con tutti i permessi del caso, si fece il tuffo rosa nella notte. E quell’anno furono queste le immagini che girarono sulle televisioni nazionali.
Per salvare la Notte Rosa e consentire alla Riviera di poter contare anche per il futuro su una manifestazione che può riempire un week end e funzionare come mezzo di comunicazione, il sindaco, gli operatori turistici, l’Apt e la Regione dovrebbero finalmente avviare una riflessione senza tabù e aperta davvero all’innovazione.
Si può partire dalle valutazioni sulle quali l’assessore Corsini, incalzato dal Carlino, ha convenuto. Il colpo d’occhio della Notte Rosa 2016 faceva intravedere che c’era meno gente sulle strade, sul lungomare, sulla spiaggia. E questo non a Lido di Volano o a Marina di Ravenna, ma anche a Rimini, nel cuore storico dell’evento. Se prestiamo fede agli albergatori (ai loro rappresentanti istituzionali) gli hotel erano tutti pieni o quasi. All’80 per cento, è stato dichiarato alla vigilia. Ad essere mancato – sostiene l’assessore – è il pubblico pendolare, quello che si muove dall’entroterra, dalle città romagnole e dall’Emilia. Per costoro, che hanno la possibilità di vivere una notte di divertimento in Riviera come e quando vogliono, la Notte Rosa non esercita più alcuna attrazione. Questo deve far riflettere. Corsini afferma che va recuperato il clima dei primi anni, quando tutta la Riviera si tingeva di rosa e tutti in qualche modo partecipavano alla grande festa collettiva. Non può sfuggire un’osservazione: con il tempo ciò che era una forma di partecipazione è scivolata in una sorta di carnevale estivo colorato di rosa, e quest’anno è mancato pure questo, con gli addobbi ridotti al lumicino. Ma forse non è solo questione di clima perduto. Qualche riflessione si dovrà finalmente fare anche sui contenuti. L’evento, storicamente, è nato mettendo il “cappello rosa” su ciò che già era in programma in Riviera, con l’aggiunta di qualche grande concerto e i fuochi d’artificio a mezzanotte. E sostanzialmente si è andati avanti così per anni, con la novità che il venir meno delle risorse ha eliminato dal programma le star della musica. E allora cosa c’è di diverso, per esempio, dal Festival del Rose & Crown che per una settimana propone, con larga partecipazione di pubblico, musica e birra sul lungomare, dai punti musica che si sono visti durante la Notte Rosa? E i fuochi d’artificio? Negli anni scorsi c’erano più punti da cui venivano sparati, creando l’effetto sinfonia; quest’anno sono stati i normali spettacoli pirotecnici che ogni comitato turistico locale propone più volte durante la stagione.
Francamente appare una proposta debole se ha l’ambizione di esprimere i tratti identitari della Riviera romagnola, come ripetono in coro gli amministratori pubblici. E forse una riflessione va fatta anche sul progressivo allargamento dell’evento. A ripensarci, si può vedere che le prime edizioni hanno bucato la comunicazione e attratto pubblico perché la Notte Rosa costituiva un unicum, qualcosa di diverso e irripetibile che si svolgeva solo in quella notte e in quel luogo specifico. Si è pensato di farla diventare un week end, la si è allargata anche alla costa settentrionale delle Marche, con un effetto di annacquamento generale. Oltretutto, se la Notte Rosa si vive anche a Senigallia, che fine fa l’ambizione di un evento che esprima l’identità di una costa specifica? A dispetto delle intenzioni, ha prevalso l’hybris di voler insegnare ai vicini marchigiani come si organizza un evento turistico vincente.
La Notte Rosa è storicamente servita a dare una scossa alla Riviera, è stata un mass media capace di comunicare. Si può discutere se abbia centrato l’obiettivo dichiarato all’inizio: mostrare che è possibile vivere una notte dolce, senza sballo. Si può discutere, come qualcuno sostiene, se l’immagine di Riviera veicolata dalla Notte Rosa sia davvero in grado di intercettare le nuove tendenze del turismo. Sarebbe comunque sbagliato continuare a ripeterla come si è sempre fatto non cogliendo i segnali che chiedono un nuovo colpo d’ala, una capacità di innovazione senza la quale rischia di scivolare fra le cose scontate che non attraggono.