Quanto resti impervio il percorso per arrivare all’attivazione definitiva della linea Metromare lo documenta anche il comunicato congiunto, diffuso oggi, del presidente della Provincia di Rimini, Riziero Santi, e dell’assessore alla mobilità del Comune di Rimini, Roberta Frisoni.

"La fase sperimentale di Metromare –dicono - è stata improvvisamente e forzatamente interrotta dalle normative anticovid che hanno bloccato il trasporto pubblico. L'interruzione è avvenuta nel momento in cui il servizio stava prendendo piede, addirittura determinando un incremento sostanziale dell'utenza del servizio pubblico.

Nel frattempo la Provincia ha prodotto tutti gli atti necessari all'avvio del servizio con i nuovi mezzi elettrificati, garantendosi la possibilità di riprendere il servizio anche in regime sperimentale”.

Questa è la novità del giorno: si pensa ad una riapertura sperimentale, come quella che h funzionato da novembre al marzo scorso.

L’apertura definitiva ci potrà essere solo quando saranno arrivati dal Belgio i mezzi elettrici e saranno stati compiuti tutti i collaudi.

Su questo, i due amministratori spiegano che “A quanto ci è stato riferito dal presidente di Start i nove mezzi elettrificati sono in viaggio dal Belgio per arrivare in Italia uno alla volta, il primo già mercoledì della prossima settimana. Inoltre la prossima settimana il collaudatore ministeriale sarà a Rimini per pianificare le attività di collaudo”. Se i bus arriveranno uno alla volta, vuol dire che in partenza dal Belgio al momento ce n’è solo uno. Nemmeno santi e Frisoni sanno quando arriveranno visto che più avanti scrivono che “abbiamo anche chiesto espressamente al presidente di Pmr di avere il programma preciso e dettagliato dell'arrivo dei mezzi”.

Santi e Frisoni hanno rivolto un invito ai presidenti delle Aziende coinvolte “chiedendo loro di lavorare, in forte sintonia e coordinamento anche con Ustif e Amr, al fine di chiarire subito tutti i passaggi ulteriori e le opportunità, sia nel senso dell'attivazione tempestiva dei nuovi mezzi che – eventualmente - nella ripresa del servizio sperimentale, con l'obiettivo di riattivarlo entro il prossimo primo luglio 2020”.

Pertanto al presidente di Start è stata chiesta una relazione scritta sulle modalità e i tempi di riattivazione del servizio e ai funzionari della Provincia di organizzare un incontro con il collaudatore Ustif.

Già all'inizio della prossima settimana è previsto un aggiornamento del percorso intrapreso con un nuovo incontro.

Sulla grana del rendiconto 2019 bocciato dai revisori dei conti si sta cercando di mettere la classica pezza. Questa mattina si è svolto il lavoro della seconda commissione di garanzia e controllo,con l’intervento del presidente del collegio, Andrea Amaini. Ieri c’era stata la commissione bilancio. Su molte questioni aperte fra collegio e amministrazione è stato trovato un accordo, altre rimangono in sospeso. Ragione per cui, secondo i revisori, l’amministrazione dovrà presentare in consiglio comunale (è convocato per giovedì prossimo) un emendamento i cui si dimostra di accogliere le loro osservazioni e di sanare le questioni sospese. I revisori a quel punto potranno esprimere un parere positivo sull’emendamento o anche parzialmente positivo. Se questo non accadrà, resterà agli atti il parere negativo già in precedenza espresso.

La cosa che è stata evidenziata e sulla quale i revisori sono rimasti con le loro riserve – sostiene il consigliere Mario Erbetta, di Rinascita Civica - è la modalità e le tempistiche  del riaccertamento dei crediti residui. In pratica nonostante questo riaccertamento avvenga ogni anno, in questa annualità si sono riconosciuti e detratti dai crediti esigibili  circa 11 milioni tra residui insussistenti e residui inesigibili, e di questi 8 milioni coprivano le spese di parte corrente. Dato che buona parte di questi crediti (più di tre milioni) riguardava multe e crediti verso Acer (3/4 milioni), ciò evidenzia come fino ad oggi i bilanci sono stati fatti tornare sopravvalutando l'incasso delle sanzioni amministrative, prima come previsione e poi come effettivo recupero, ed anche non sottraendo i crediti verso Acer a tempo debito dato che il bilancio armonizzato è in essere da due tre anni. In pratica il Comune si è tenuto in pancia crediti fittizi o inesigibili per coprire la parte corrente che è in sofferenza cronica. Ma perché fare questa consistente revisione dei crediti quest'anno e non negli anni in cui sarebbe stata certa la loro inesigibilità? I motivi sono i seguenti: 1) se la revisione fosse stata fatta negli anni precedenti, avrebbe portato a uno squilibrio di bilancio e al non raggiungimento del pareggio, come dicono i revisori; 2) abbassando la somma dei crediti da incassare cala la necessità di aumentare il fondo dei crediti di dubbia esigibilità che ad oggi ammonta a 74 milioni; 3) si crea la possibilità di svincolare somme dal Fondo di Dubbia Esigibilità che saranno carne e sangue per il prossimo bilancio. Altra osservazione importante dei revisori è che abbiamo una bassa propensione all'incasso (27%) che è la causa di un Fondo Crediti di dubbia Esigibilità così alto”.

“Portiamo a casa questo week end con l’ordinanza e poi lunedì la revoco”. Lo annuncia il sindaco di Riccione Renata Tosi, che oggi ha tenuto un incontro con le associazioni di categoria per valutare l’impatto dell’ordinanza pensata per gestire l’ordine pubblico nella Fase 2.

E allora perché l’ha adottata?

“Con l’ordinanza ci siamo assunti la responsabilità di affrontare il week end appena trascorso. Come Riccione avevamo l’onore e l’obbligo di essere aperti e nello stesso tempo di creare le condizioni perché non succedesse nulla di negativo. Ci siamo testati e siamo stati bravi. Ora è arrivata la circolare della Regione che chiarisce che gli operatori sono i diretti responsabili del divieto dell’assembramento dentro i locali e nelle immediate vicinanze, mentre, come già detto dal capo della polizia Gabrielli, nel resto dei luoghi pubblici devono intervenire le forze dell’ordine.  Per questa ragione chiedevo regole uniche per tutta la riviera, perché tutti potessero lavorare bene e con serenità”.

Il sindaco Tosi – è stato detto – non può un giorno fare come gli pare e l’altro giorno chiedere unità di comportamenti.   

“La sindaca di Riccione vuole sempre fare insieme, è l’esatto contrario. Voglio fare insieme ma il coordinamento lo chiedo a chi è sopra di me, cioè al prefetto, non al sindaco del comune capoluogo perché quello è un mio pari.  Non è che si è insieme o si è contro a seconda di ciò che dice il sindaco del comune capoluogo”.  

È stato proprio il prefetto a fare quell’osservazione…

“Lei forse non vuole essere immischiata in beghe. Se però dice che dovrei sentirmi con il sindaco di Rimini, così le cose non vanno. Non è che sono più o meno brava se copio l’ordinanza del sindaco di Rimini o di Cattolica. Dico semplicemente che c’è un’estate da gestire, da affrontare: io ci sono. La prefetta ha detto che non c’è bisogno di niente, e io vado dietro a lei. I miei operatori sono stati bravi, abbiamo trascorso un ottimo week end turistico e di ordine pubblico. Mi dispiace per i poliziotti e i carabinieri che dovranno lavorare senza norme. Temo ci possano essere problemi. A Rimini non si è aperto nemmeno un quinto, a Cattolica c’è il deserto, noi siamo stati gli unici ad aver testato il prodotto in maniera completa”.

Perché a Riccione ci sono state più riaperture? 

“Siamo da sempre i più effervescenti, siamo più piccoli ma siamo più pronti. I locali di intrattenimento, i bar, le spiagge, tutto era aperto. Sono rimasti indietro gli hotel ma loro avevano bisogno di tempi più lunghi per la promozione. Ecco perché urlavo che, in termini di comunicazione,  non bisognava tenere chiuse le spiagge. Se tieni le spiagge chiuse fino al 20 maggio, rimandi le prenotazioni ai primi di luglio. Ricordo che l’ordinanza Bonaccini, senza alcun motivo sanitario, ha tenuto chiuse le spiagge fino al 18 maggio”. 

Quello che si nota è che lei tende sempre a volersi distinguere da tutti gli altri Comuni e dalla Regione…

“Eh ma Riccione è importante..”

Perché rimarca sempre una diversità, fino a indispettire gli altri?

“Qual è l’uniformità a cui mi dovrei adeguare? Il punto è che io do un altro taglio di lettura della realtà in questa provincia. Altrimenti saremmo tutti morti, c’è un silenzio assordante. Il fatto che comunque io parli, dica la mia in un panorama amministrativo politico e anche turistico, a loro dà noia. Dovremmo tutti essere così.  La linea della normalità la dà Rimini? E se invece fossi io la normalità e Rimini rappresentasse invece il morto che non parla? Un sindaco deve alzare la voce, deve fare promozione, deve avere una nuova lettura della realtà: io sono il normale. Questa provincia potrebbe avere una potenzialità tre volte tanto, e invece tutti stanno sotto tono”.

Le si contesta anche di contravvenire al galateo istituzionale. 

“Il rispetto delle persone e dei ruoli lo pratico, eccome. Il problema è che, nel rispetto dei ruoli, stimolo. Stiamo vivendi una crisi paurosa, le vecchie risposte non si possono più dare. Lo faccio per il bene della comunità e dell’economia. È il silenzio che ti uccide. In questa provincia era accettato solo chi diceva signorsì e stava zitto. Questa provincia non merita tutto questo. Questo non vuol dire fare la ribelle. Dico a tutti: non guardate il dito ma guardate la luna. Come mai ci stanno cercando tutte le tv, tutti i network? Questo è il ruolo di un sindaco, quello è ciò che deve fare una provincia che ha nel turismo l’unico grande fulcro dell’economia. Occorrono risposte straordinarie a problemi straordinari, sono mesi che lo dico.  Qui invece conoscono un solo alfabeto…”

E quale sarebbe?

“Il vecchio alfabeto del consenso, del manuale Cencelli, delle grandi riunioni fuffa per tenere tutti buoni in un sistema che invece ha bisogno di grandi scosse. Se non le dai adesso, le scosse, il corpo inerte non lo rianimi più.  C’è un’economia che al massimo realizzerà il cinquanta per cento rispetto al passato, che cerca di resistere, senza il supporto di istituzioni che pensano di poter campare ancora alla vecchia maniera”.  

Anche un partito di centrodestra la contesta, dice che la sua politica va contro agli interessi degli operatori economici. 

“Cercano visibilità e non hanno compreso che sono forza di governo. Sono disorientati. Criticare il mio nome vuole dire avere visibilità. La base invece è con me, dialoga costantemente, e si arrabbia quando escono gli attacchi e non il sostegno”. 

Però la criticano.

“Metterei due punti di domanda, diamo il tempo al tempo”. 

Ha ancora un futuro un’esperienza come Noi Riccionesi?

“Credo di sì, a livello locale il civismo è un’ottima fucina per avvicinarsi alla  politica e all’amministrazione”. 

L’ultimo scontro con il Pd è stato sulla gestione dei buoni spesa. Vi hanno accusato di dare sussidi ai ricchi.

“In tutto questo di politica non c’è nemmeno il barlume.  Loro fanno ancora questa bieca distinzione fra i poveri veri e i poveri che non sono veri.  Quando invece in questo momento c’è bisogno di aiutare una fascia di nuovi poveri ai quali l’ente non può chiudere la porta. Hanno una visione classista, se sei un imprenditore non puoi essere povero. È un modo di vedere la società che non ci appartiene”.

Un soggetto non ha soldi nel conto corrente ma può avere case, immobili, partecipazioni. 

“E cosa deve fare, deve vendere la casa per mangiare? A questa gente lo Stato ha chiuso le attività da un momento all’altro. Dovranno pur vivere per poi poterle riaprire e riavviare l’economia. La verità è che loro parlavano al loro elettorato, non a me. Dicevano: signori poveri poveri ricordatevi che siamo noi che vi difendiamo. Ma che discorso è? I poveri poveri li difendiamo tutti, infatti sul sociale non tagliamo mai”.

Valerio Lessi

Quando il rendiconto 2019 sarà portato all’esame del consiglio comunale, fra i vari documenti ci sarà anche una relazione degli uffici comunali che risponderà punto per punto alle osservazioni critiche dei revisori dei conti che hanno espresso un parere negativo sul bilancio. Oggi intanto la V commissione ha espresso a maggioranza un parere favorevole, ma domani ci sarà la seconda, quella di garanzia e controllo, il cui principale protagonista sarà il presidente del collegio dei revisori, Andrea Amaini, che verosimilmente sarà sommerso di domande dai consiglieri di minoranza che vogliono capire meglio le criticità evidenziate.

Nella seduta di oggi sono state fornite alcune risposte ai revisori, ma non complete. Nulla è stato detto dei residui insussistenti pari a 10 milioni di euro “di cui oltre 8 milioni di euro riferiti alle entrate correnti, valore che può far perdere di significatività i dati di bilancio degli esercizi precedenti”. Fra le schede dell’amministrazione consegnate ai consiglieri c’è invece la risposta all’osservazione che non c’era adeguata motivazione a due accertamenti che comportavano una minore entrata di oltre 2,5 milioni. L’amministrazione ha risposto di aver già inviato al Collegio una nota in cui si riportano le motivazioni e di non aver avuto risposta. A questo puto diventa dirimente la seduta della seconda commissione di domani, con le risposte che darà Amaini ai tutti i dubbi dei consiglieri.

Intanto oggi l’assessore Gianluca Brasini ha diffuso una nota in cui ricorda “lo straordinario lavoro condotto quotidianamente dagli uffici, dai dirigenti e dai tecnici, che hanno permesso anche di presentare al Collegio dei Revisori osservazioni puntuali e circostanziate rispetto ai rilievi che ci sono stati mossi. Nel corso degli ultimi giorni, anche in virtù di un contesto emergenziale rientrato e con la possibilità anche di poter confrontarci di persona con i Revisori, abbiamo avuto modo di chiarire nel dettaglio gli aspetti principali".

Secondo Brasini “Ancora una volta emerge dal rendiconto la costante estinzione del debito: solo lo scorso anno si è ridotto di oltre 9,2 milioni, continuando quella diminuzione progressiva che ha visto il debito passare da 141.352.322 euro del 2011 a 82.013.469,42 al 31 dicembre scorso. Si tratta in cioè di una riduzione di oltre 59 milioni in otto anni, che porta ad un debito pro capite è di 544 euro (contro i 978 euro del 2011).

Altrettanto rilevante l'azione di contrasto all'evasione tributaria a partire dall'Imu, con oltre 5,2 milioni recuperati. Sul fronte di Tari/Tares sono stati invece recuperati oltre 3 milioni di tributi evasi. Per quanto riguarda gli investimenti, nel 2019 sono stati attuati e interamente finanziati con risorse di competenza opere per 27,4 milioni.

Anche nel 2019 la fetta principale della spesa corrente complessiva dell'ente è stata destinata al comparto della scuola e del sociale, tra cui istruzione e diritto allo studio (16,5 milioni), diritti sociali, politiche sociali e famiglia (25 milioni circa), trasporti e diritto alla mobilità (13,9 milioni). Importante anche il capitolo dedicato allo sviluppo sostenibile e tutela del territorio e dell'ambiente (42,5 milioni).

Il bilancio 2019 si è chiuso con un risultato di amministrazione di oltre 103 milioni di euro: un risultato in crescita rispetto al rendiconto 2018 (+6,3 milioni), ma ancor più rilevante se confrontato agli ultimi cinque anni, segnando un incremento di risultato di 77 milioni di euro”.

Doppia convocazione di commissioni per esaminare, nella sostanza, lo stesso argomento: il rendiconto 2019 del Comune di Rimini, accompagnato dalla clamorosa bocciatura del collegio dei revisori. Domani mattina, giovedì, si terrà la quinta commissione, nella quale l’assessore al bilancio Gian Luca Brasini dovrebbe temere la relazione illustrativa. Venerdì mattina invece è convocata la seconda commissione di garanzia e controllo, presieduta dal leghista Matteo Zoccarato, voluta fortissimamente dalle minoranze per udire dalla viva voce del presidente del collegio dei revisori, Andrea Amaini, le ragioni della bocciatura.

Gli esponenti della minoranza fanno notare una sorta di sgambetto istituzionale. Di solito la commissione bilancio si tiene di martedì ed è convocata il giovedì precedente. Ma stranamente questa volta è stata convocata il lunedì per il giovedì, un giorno prima della seconda commissione. Secondo la minoranza si tratta del maldestro tentativo di sgonfiare la seduta della seconda commissione.

Domani quindi sapremo come l’amministrazione valuta il parere negativo espresso dai revisori e venerdì sapremo se i revisori stessi confermano la bocciatura. Nei giorni scorsi era infatti circolata la narrazione secondo la quale il collegio dei revisori, avuta dall’amministrazione una documentazione prima mancante, avrebbe modificato il proprio parere. Al momento attuale i consiglieri non hanno ricevuto nulla di nuovo, quindi resta agli atti il parere negativo consegnato cin la documentazione. Se sarà confermato i consiglieri di maggioranza dovranno approvare un rendiconto 2019 che gli espone al rischio di eventuali futuri interventi della Corte dei Conti. Una grana non di poco conto.

Il Metromare è fermo e certamente lo sarà per tutta l’estate. Quando entrerà in funzione definitivamente con gli autobus ordinati in Belgio? Non lo sappiamo. Il presidente della Provincia, Riziero Santi, ha fatto sapere che i nove mezzi Exquicity Van Hool dovrebbero arrivare a Rimini “a giorni”. Secondo il precedente crono programma i primi mezzi dovevano arrivare a novembre 2019 e tutta la flotta doveva essere consegnata entro il mese di febbraio. Nei primi giorni di marzo, per giustificare il ritardo, è stata chiamata in causa anche l’emergenza da Covid 19. Ma i mezzi dovevano essere a Rimini ben prima chela pandemia diventasse un fenomeno internazionale che ha bloccato attività industriali e movimento delle merci. Ora si dice che sono in arrivo ma non si è in grado di dire quando entreranno in funzione. Ci sono ancora due passaggi importanti da superare. Il primo è il collaudo dei mezzi in officina che richiederà un tempo non breve. Il secondo, avverte sempre Santi, è l’autorizzazione del Ministero all’uso dell’infrastruttura con i mezzi collaudati. I tempi dipenderanno dal Ministero, mette le mani il presidente della Provincia. Nei mesi scorsi, in realtà, era stato detto che non appena i mezzi arrivavano il disbrigo delle ultime formalità non avrebbe occupato più di tanto. Quest’estate i collegamenti fra Rimini e Riccione continueranno ad essere garantiti dalla linea 11 del filobus.

“La magra consolazione di averlo detto in tempi non sospetti”, osserva ironico il consigliere Mario Erbetta, di Rinascita Civica. “Quindi, - continua Erbetta - si sono spesi circa 100 milioni di euro per un'opera che doveva sostituire la linea 11 ma che invece alla prova dei fatti sarà un doppione con aggravio dei costi a km che Start chiederà al Comune di Rimini, con il rischio che per fare quadrare i conti si riducano le corse verso le periferie della città. Se poi pensiamo che a causa del coronavirus gli autobus potranno viaggiare solo al 30% della capienza per il distanziamento necessario si capisce che  il Metromare, così come è stato pensato, se si attivasse prima della fine dell'emergenza della pandemia, avrebbe dei costi difficilmente sostenibili dalle casse comunali. Ma se avessimo aspettato a inaugurare la struttura con l'arrivo degli autobus dal Belgio non sarebbe stato meglio? Per inaugurare a fine novembre la struttura in modalità provvisoria abbiamo speso oltre 400 mila euro ed è stato solo un favore elettorale a Bonaccini.  Oggi la struttura è ferma, non si sa quando riaprirà, non si sa quando arriveranno gli autobus dal Belgio e non si sa neanche se basteranno alla luce delle regole del distanziamento per il Coronavirus”.

Intanto, i sindacati sono tornati a proclamare lo stato di agitazione del dipendenti Start attivi nel bacino di Rimini. I temi sono gli stessi dei mesi scorsi (ferie, turni, ecc.) a cui si aggiunge la mancata attuazione dell’accordo del 27 marzo scorso.

Rimini è in lutto per la morte del professor Paolo Fabbri, semiologo, la cui attività ha spaziato dal linguaggio alle arti, dalla comunicazione alla filosofia, dalla sociologia alla epistemologia. Aveva 81 anni e lo scorso anno aveva ricevuti dal Comune di Rimini il Sigismondo d'Oro.

Laureatosi nel 1962 presso l'Università di Firenze, Fabbri si trasferisce a Parigi, dove nel 1965-66 frequenta l'École Pratique des Hautes Études (EPHE), in particolare i corsi di Roland Barthes, Lucien Goldmann e Algirdas Julien Greimas. Questo contatto con la semiotica strutturale francese sarà destinato a costituire una prospettiva teorico-metodologica di cui diventa uno dei più attivi ricercatori[1].

Al ritorno in Italia, insegna Semiotica con Umberto Eco all'Università di Firenze, Facoltà di Architettura, 1966-67, poi come professore incaricato di Filosofia del linguaggio presso l'Istituto di Lingue dell'Università di Urbino (dal 1967 al 1976), dove ha fondato, con Carlo Bo e Giuseppe Paioni nel 1970 il Centro Internazionale di Semiotica e di Linguistica[2]: la prima scuola di semiotica nel panorama internazionale, dopo quella di Tartu (Estonia) fondata da Jurij Lotman.

Dal 1977 Fabbri inizia la sua attività di insegnamento presso l'Università di Bologna, dove tiene fino al 2002 l'insegnamento di Semiotica delle Arti presso il corso di laurea in Discipline delle Arti, della Musica e dello Spettacolo (DAMS)[3], di cui sarà presidente dal 1998 al 2001.

Tra il 1986 e il 1990 insegna Semiotica, in qualità di professore straordinario, presso la Facoltà di Magistero dell'Università di Palermo. Dal 2003 al 2009 è stato professore ordinario di Semiotica dell'Arte e Letteratura artistica presso la Facoltà di Design e Arti, Università IUAV di Venezia. a livello internazionale ha insegnato a Parigi, Berkeley, Toronto, San Diego, Los Angeles, Barcellona, Brisbane, Madrid, Bilbao, São Paulo, Buenos Aires, Bogotà, Lima, Istanbul, Ciudad de Mexico.

Di seguito il ricordo del sindaco Andrea Gnassi:

"Solo pochi mesi fa, alla fine della cerimonia in cui gli venne consegnato assieme a Marco Missiroli il Sigismondo d'Oro, il professor Paolo Fabbri mi prese da parte per ringraziare. Non erano parole di circostanza. Aveva gli occhi che gli brillavano in uno stupore divertito, da bambino, per quella festa così apparentemente lontana dal suo rigore, che illuminavano un corpo già provato dalla malattia. Adesso ho davanti quello sguardo che, a mio avviso, sintetizza bene la vita, le opere e l'approccio di Fabbri alla vita e alle relazioni tra persone. La curiosità personale, l'insaziabile volontà del sapere, la consapevolezza che il cammino della conoscenza non ha mai capolinea, che si esplicavano attraverso un lavoro intellettuale meticoloso, in dialogo permanente con le più alte esperienze culturali ma lasciando sempre aperta la porta al nuovo. Partire dalla provincia, da Rimini, per diventare riferimento di un mondo e del mondo in un campo come quello della semiotica che scava nei segni, nella parola, nelle immagini che cercano (spesso invano) di afferrare le cose e i fatti. In questo senso, il tragitto esistenziale di Paolo Fabbri ha molti punti di contatto con quello dell'adorato Federico Fellini, anch'esso riminese curioso e schivo, dalla prorompente curiosità tradotta in arte cinematografica sublime e indimenticabile. Rimini perde oggi qualcosa di infinitamente grande.

Il Fabbri che abbiamo tutti conosciuto, che ho personalmente conosciuto, era una persona libera e non conformista. Il suo stesso mestiere lo portava ad afferrare il significato delle cose oltre la superficie di quanto accade. Il suo è stato uno sguardo differente per decodificare una società sempre più apparentemente complessa ma nello stesso tempo regredita nei linguaggi e dunque nelle relazioni. In una recente intervista, confidava le sue sensazioni sulla contemporaneità: "Siamo la cultura del superlativo, dell'esternazione e dell'iperbole enfatica che provoca emozione. Ai tempi di Pasolini e Fellini parole come "ragazzì" e "paparazzì" sono entrate nel lessico francese, poi si è imposta la "paninoteca", oggi dall'Italia penetrano in Francia i nostri superlativi in –issimo. E poi c'è anche un abuso di prefissi del tipo: ultra-, stra-, mega-, iper-, maxi-, macro-, meta-". Il giudizio, dietro all'asetticità dell'analisi, era negativo. Dentro questo perimetro ha continuato fino all'ultimo, nonostante le condizioni fisiche sempre più precarie, a esercitare il ruolo di intellettuale a tutto tondo, e cioè portatore di una visione non convenzionale del presente e della realtà, pur scomoda e inascoltata alla massa che fosse.

Umberto Eco, suo grande amico e compagno di viaggio intellettuale, lo aveva inserito tra i personaggi del celebre romanzo 'Il nome della Rosa'. Paolo da Rimini, fondatore della biblioteca, e con il soprannome di «Abbas Agraphicus» per le letture voraci e per la parsimonia nello scrivere. Un divertissement, un gioco che metteva in luce la confidenza tra i due grandi semiologi, intellettualmente onnivori e intellettualmente consapevoli che la cultura potesse avere un ruolo fondamentale nella vita delle persone se non blindata nelle alte guglie e nelle torri d'avorio.

Questo aveva portato Paolo Fabbri ad assumere compiti e ruoli importanti nella sua Rimini, in particolar modo in ordine alla valorizzazione e alla promozione delle opere e del genio di Federico Fellini, da lui considerato alla stregua di Picasso e Kafka. Ruoli in stagioni difficili e perfino tormentate, Rimini non pareva credere a sufficienza nella necessità di fare dell'eredità artistica di Fellini non solo un luogo da visitare passivamente ma una vera e propria architrave per rigenerare la città e rigenerarsi attraverso uno sguardo creativo sul mondo e sulla vita. Fabbri non si è mai risparmiato, pur nelle condizioni organizzative e logistiche più difficili, e si è messo costantemente a disposizione per un compito che oggi è a portata di mano, con il Museo Internazionale Federico Fellini che ha tra i 'padri' nel comitato scientifico il professor Paolo Fabbri. La sua riminesità aveva radici profonde che si snodavano intorno un senso compiaciuto, orgoglioso e perfino autoironico di se stesso e del suo rapporto con la città. Diceva spesso che qui da noi lui è stato prima ' l'anvod ad Panoun (il nonno Ersilio)', quindi ' il fratello di Gianni'. Ed era divertito quando alla cerimonia del Sigismondo d'Oro dello scorso dicembre, all'età di 80 anni, raccontava come ' per la prima volta mi chiamano con il mio nome e il mio cognome'. Libero, dissacrante, anarchico era lui, in sintonia perfetta con una città anch'essa libera, dissacrante, anarchica. Una relazione d'amore lunga una vita, solida e profondissima oltre gli impegni pubblici, dal già citato Comitato Scientifico per il Museo Fellini (sulla cui particolare ideazione intorno a tre assi hanno molto contribuito le intuizioni del professor Fabbri) al Comitato per i 400 anni della Biblioteca Gambalunga.

Rimini ha potuto onorare adeguatamente il professor Paolo Fabbri nello scorso dicembre consegnandoli il Sigismondo d'Oro. Dell'uomo che ha toccato i vertici culturali internazionali, avendo ogni genere di premio e merito, ho nella memoria le parole emozionate dell'annuncio del riconoscimento riminese. La sua Rimini che si trovava all'interno del teatro, in una giostra festosa e colorata, a dirgli grazie per ' avere, con i suoi studi e il suo lavoro incessante in Italia e nel mondo, dato valore e restituito alla parola il senso esatto delle cose, forma espressiva universale del dialogo possibile tra persone e culture diverse; per avere salvaguardato, lungo la contraddittoria evoluzione della società e del costume italiano degli ultimi cinquant'anni, ruolo e funzione del lavoro intellettuale, artefice di connessioni ai più invisibili ma essenziali per le relazioni umane; per essersi impegnato in prima persona per valorizzare personaggi, storie, iniziative anche del territorio, al di fuori da ogni provincialismo e trasformandole in occasioni di discussione e di attenzione nel più ampio panorama internazionale.'. Belle parole, sincere e meritate. Parole, comunque. Che Paolo Fabbri avrebbe interpretato per quel che erano e sono: il segno di una vita spesa a credere che andare oltre la superficie sia un dovere e una necessità per l'uomo. Come l'Ulisse di Dante. E Rimini la sua Itaca".

A Riccione l'ultima querelle fra maggioranza e Pd riguarda i buoni spesa, il sussidio stanziato dal governo e distribuito dai comuni. "Dopo aver fatto accesso agli atti ed aver ottenuto l’elenco dei primi 700 assegnatari dei buoni spesa erogati dal comune di Riccione, - attacca Sabrina Vescovi, capogruppo del Pd - sono emerse tutte le “storture” e gli errori di impostazione del bando gestito dall’assessore Galli, che detiene la delega ai servizi sociali".

Nel mirino di Vescovi soprattutto il fatto che "Il comune di Riccione ha scelto un solo requisito per l’assegnazione: non possedere più di 10,000€ nel conto corrente.Il risultato è che a Riccione l’assegnazione dei buoni spesa ha favorito situazioni non sempre e non propriamente di disagio". La conseguenza, afferma Vescovi, è che "fra i beneficiari troviamo professionisti, imprenditori, titolari di esercizi pubblici, e figli di…".
Non si è fatta attende la replica dei capigruppo di maggioranza. "L’indicazione che ci è stata data, - scrivono - era quella di escludere chi aveva già goduto di cassa integrazione, di reddito di cittadinanza, chi percepiva già sovvenzioni dai servizi sociali, chi aiuti nelle bollette e sugli affitti: tentare di aiutare chi, per la prima volta, si trovava in stato di necessità a causa del virus. Giusto o sbagliato, questo è stato l’imput.
Un aiuto immediato alle famiglie. Un aiuto immediato, per l’appunto.
Capiamo bene che la parola “immediato” non sia molto amata in casa PD, considerando che ancora, da marzo, molti cittadini non hanno visto ne’ la cassa integrazione promessa, ne’ i 600 euro".
"A loro piace che le cose si complichino, che si passi per certificazioni, cavilli, burocrazia, che si debba fare il giro delle cento città per arrivare ad richiedere un bonus, per poi magari insediarci una bella commissione di esperti per stabilire le modalità. Il tutto, quasi orientato al fatto che si amplifichi ancor di più l’”effetto concessione”; vi ricordate Conte? Io vi concedo, Io vi autorizzo…
I buoni spesa sono stati un aiuto eccezionale e “una tantum”, per far fronte a due mesi di lockdown.
Noi ragioniamo nella legalità, agendo da comunità; una sola comunità di cittadini liberi.
Chi ha un costante bisogno di aiuto economico viene seguito sempre, tutto l'anno e non “una tantum” dai servizi sociali del Comune; chi si è trovato all'improvviso (e con sgomento), magari per la prima volta nella vita, senza i soldi in tasca per il pane perché ha dovuto chiudere il negozio per la pandemia, non è stato lasciato solo, ma aiutato. Una mano tesa, questo hanno rappresentato i soldi dei buoni spesa, per aiutare temporaneamente chi sarebbe dovuto poi ripartire a camminare sulle proprie gambe.
Una mano tesa, non ha bisogno di presentare la dichiarazione dei redditi".

Un collegio dei revisori ha colpito ancora. Questa volta nel mirino è la Provincia e la sua delibera di rinegoziazione dei mutui contratti con la Cassa Depositi e Prestiti. È una possibilità offerta dal decreto Cura Italia: poiché è prevedibile che gli enti locali, a causa dell’emergenza Coronavirus, abbiano minori entrate e maggiori spese, possono rinegoziare i mutui, cioè diluire il pagamento nel tempo. 

Con Cassa Depositi e Prestiti la Provincia ha un debito complessivo residuo di poco più di 37 milioni. I mutui rinegoziati sono 25 e ammontano a circa 25 milioni di euro, con una rata annuale di 850 mila euro. In media questi debiti avevano una durata media di 18 anni. Per effetto della rinegoziazione, che comporta un minore importo della rata annuale, andranno la maggior parte a scadenza il 31 dicembre 2043, e alcuni anche al 2045. E qui si appuntano le osservazioni del collegio dei revisori composto da  Giuliano Fontana, Antonella Teodorani e Andrea Capelloni. 

Essi ricordano che in base alla legge la durata di un mutuo rinegoziato non può essere di più di trent’anni dalla data di perfezionamento, che l’indebitamento deve esser effettuato con un piano di ammortamento “non superiore alla vita utile dell’investimento che si va a finanziare”.  Lo scopo di queste norme, precisano, è di non generare nei bilanci futuri oneri finanziari slegati dai benefici diretti o indiretti di cui a quel tempo può godere la collettività. Insomma, non si possono caricare di eccessivi debiti le generazioni future. Non a caso i revisori citano anche la sentenza della Corte costituzionale che ha sancito il principio dell’equità intergenerazionale.

Fatte queste premesse il collegio dei revisori sottolinea che con la rinegoziazione gli interessi crescono di 2,308 milioni e che tali interessi corrispondono ad un tasso fisso del 3,37 per cento, considerato maggiore rispetto agli attuali valori di mercato. La conclusione è il parere sfavorevole “in quanto non si rileva l’economicità per tutto il periodo 2020-2045 oltre alle nuove quote di interessi notevolmente superiori in valore assoluto rispetto alla situazione ante rinegoziazione”.

Nonostante il parere sfavorevole del collegio dei revisori, la maggioranza in consiglio provinciale ha comunque approvato la delibera. Non è però passata la immediata eseguibilità in quanto, osserva Marzio Pecci, capogruppo della Lega, Mirco Muratori di Patto Civico si è allontanato prima del voto ed era assente il consigliere Luca Pasini. “Pertanto – osserva Pecci - la delibera per la rinegoziazione dei mutui dovrà attendere il decorso del termine dei dieci giorni anche se il Presidente ha dichiarato di assumersi tutte le responsabilità conseguenti al parere non favorevole dei Revisori. La ‘sfida’, frutto dell'onnipotenza del Presidente, non riduce i termini che la legge impone in questi casi e non lo esonera dalle responsabilità”.

Il fatto curioso è che nel giro di pochi giorni sia l’amministrazione comunale che quella provinciale hanno dovuto fare i conti con una “rivolta” del collegio dei revisori. Anche in Provincia deve esserci difficoltà di rapporto fra controllori e controllati, visto che i revisori lamentano, nel loro parere, di non essere stati consultati nella rinegoziazione dei mutui che l’ente ha siglato con Carige e con Credit Agricole. 

Una delibera di rinegoziazione dei mutui è stata approvata a maggioranza  anche dal consiglio comunale di Rimini. 

A conclusione del dibattito, l’assessore al bilancio Gian Luca Brasini ha fatto il punto sulle difficoltà di far quadrare il bilancio del 2020 e dei prossimi anni. Nel decreto rilancio non sono state previste misure perequative per quei Comuni, come Rimini, che sono stati maggiormente colpiti dalla crisi economica derivante dal coronavirus. Rimini è fra quelle località per cui si prevede un calo delle entrate del 20/30 per cento, a differenza di altri capoluoghi, anche in Emilia Romagna, che lamentano perdite del 6 per cento.  Ancora non c’è un accordo con il governo per rispondere a queste esigenze. Le scadenze dei tributi sono state rinviate al 31 luglio e non è immaginabile un ulteriore rinvio, perché verrebbe meno la liquidità per far funzionare l’ente, pagare stipendi e fatture. Non è immaginabile far ricorso a mutui per finanziare le spese correnti perché è vietato dalla Costituzione. Brasini sarebbe invece propenso ad agire sulle percentuali di accantonamento dei fondi crediti di dubbia esigibilità. Rimini ha un avanzo positivo di 103 milioni, 74 dei quali sono appunto accantonati in questo fondo. Secondo Brasini bisognerebbe attingere dal fondo, ma c’è da superare un vincolo europeo. È insomma una materia che il governo deve trattare con l’Europa.  Peraltro, sulla gestione del fondo crediti di dubbia esigibilità si sono appuntate alcune delle osservazioni del collegio dei revisori che, come già riportato, ha bocciato il rendiconto 2019. 

Nel territorio della Camera di Commercio della Romagna (province di Forlì-Cesena e Rimini) risultano attive 333 imprese che svolgono attività di commercio al dettaglio di qualsiasi tipo di prodotto effettuato via internet. Di queste più della metà,188, sono attive nella provincia di Rimini.

Rappresentano il 3,9% del totale delle attività del commercio al dettaglio. Negli ultimi cinque anni si è visto  ad un deciso incremento di tale tipologia di impresa: +52,8% di imprese e-commerce rispetto al 31 marzo 2015. Nel confronto territoriale, tale aumento risulta inferiore alla variazione altrettanto positiva dell'Emilia-Romagna (+53,1%) e dell'Italia (+69,9%), mentre il peso delle imprese  e-commerce sul commercio al dettaglio è in linea con quello regionale (3,8%) e superiore al dato nazionale (2,9%); considerando tutte le province italiane, quella riminese occupa "solo" la 71° posizione (su 105 province) per crescita delle imprese e-commerce nel medio periodo, in una classifica dove i piazzamenti migliori spettano alle province del Sud Italia, con 10 di queste nelle prime dieci posizioni e 17 nelle prime venti (primi tre posti occupati, nell'ordine, da Vibo Valentia, Crotone e Napoli).

Rispetto alle altre province emiliano-romagnole, l'incremento quinquennale registrato si piazza al quarto posto (dopo Parma, Ravenna e Modena), mentre con riferimento alla consistenza delle imprese del commercio elettronico provinciali sul totale regionale, Rimini occupa la terza posizione (preceduta da Bologna e Modena). 

Alcune caratteristiche delle imprese dedite all'e-commerce ci dicono inoltre che la maggioranza è costituita da imprese individuali (62,8%), a cui seguono le società di capitale (27,7%) e le società di persone (9,5%); la quasi totalità (il 98,4%) è rappresentata da micro imprese (< 10 addetti);  il 25,5% sono imprese femminili, il 17,0% imprese giovanili e il 14,4% imprese straniere.

In merito, infine, alla presenza sul territorio, 86 imprese e-commerce sulle 188 totali risiedono nel comune capoluogo di Rimini; delle restanti 102, si evidenziano i comuni di Riccione (16 unità), Cattolica (14), Misano (13), Santarcangelo (11), Bellaria (9), San Giovanni e Verucchio (8 unità per ciascuno) e Coriano (6).

"L'emergenza sanitaria che stiamo vivendo ha certamente cambiato le nostre vite, comprese le abitudini di consumo. Il settore del commercio al dettaglio, in particolare, ha visto consolidarsi fenomeni già ampiamente presenti, come il commercio elettronico - dichiara Alberto Zambianchi, Presidente della Camera di commercio della Romagna -. In questo periodo di forti difficoltà  per gli operatori del settore, un periodo con gran parte delle attività commerciali, colossi come Amazon e Alibaba, hanno visto aumentare il proprio fatturato, tanto che Amazon ha preannunciato oltre 100 mila nuove assunzioni. Questo non significa, però, che il commercio di tipo tradizionale, in sede fissa, abbia perso il suo appeal, ma sicuramente è necessario un ripensamento profondo, che permetta di fare fronte a una situazione di straordinaria difficoltà, che comporta cambiamenti strutturali e di lungo periodo.  Le Istituzioni, consapevoli di questa realtà, cercheranno  di sostenere il settore con  le "misure difensive" di cui c'è più bisogno per superare questa crisi, dalla liquidità, alla moratoria sugli affitti, solo per citarne alcune, ma anche con iniziative mirate ad aiutare le imprese a cogliere tutte le opportunità fornite dal digitale. Ci tengo a sottolineare, inoltre, che un mix di offerta anche nelle modalità di erogazione del commercio, che va dall'e-commerce, al commercio al dettaglio, alla grande distribuzione, alle strutture di prossimità, deve essere reinterpretata come un'opportunità, di cui prendere atto, senza demonizzarla. La pandemia e il lockdown, del resto, hanno accelerato un cambiamento epocale - già in atto - dei consumi e delle abitudini, con una crescita esponenziale del "digitale", crescita digitale che toccherà gran parte  di tutte le attività,  dalla logistica, alle modalità di pagamento".

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