È un quadro ottimista quello che il presidente di Confindustria Romagna, Paolo Maggioli, ha dipinto oggi nel presentare i dati di un sondaggio fra gli associati relativi ai processi di internazionalizzazione delle imprese. L’ottimismo on deriva solo dal fatto che nel primo semestre 2016 l’export delle aziende riminesi è cresciuto del 16,13% arrivando ad un fatturato di un miliardo e 57 milioni. I dati congiunturali sono positivi: nel terzo trimestre del 2016 la produzione del settore manifatturiero è cresciuta del 2,7% e il fatturato è aumentato dell’1,6% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. Altri segnali di ottimismo il presidente Maggioli li vede nei progetti messi in campo dall’amministrazione comunale, dal Parco del Mare al rifacimento di piazza Malatesta, dal Museo Fellini agli interventi si fogne e viabilità. Una nota stonata la questione delle aree industriali, sulle quali Rimini è indietro e che invece in altre zone della Regione hanno visto l’insediamento di importanti aziende internazionali.
La conferenza stampa, insieme al direttore di Carim, Giampaolo Scardone, verteva comunque sull’inchiesta che Unindustria e Carim insieme hanno condotto per verificarlo stato di internazionalizzazione delle imprese riminesi. L’indagine ha sondato 210 aziende e di queste 181 hanno dichiarato di aver rapporti con l’estero. Nella classifica regionale, Rimini l’ultima provincia per ammontare di fatturato, che però come si è visto conosce un trend di crescita. Per la stragrande maggioranza (l’86,5%) i rapporti sono con Paesi dell’Unione europea, con particolare riguardo a Germania, Francia, Regno Unito e Spagna. Al quinto posto c’è la Russia che è cresciuta rispetto al 2015, nonostante la crisi del rublo. In crescita anche gli Stati Uniti, che sono il primo Paese su cui si volge l’interesse nel prossimo triennio, seguiti da Regno Unito e da Cina. Ad avere rapporti con l’estero sono soprattutto le aziende metal meccaniche (44,2%) seguite distanza da aziende agroalimentari (13,%) e aziende del comparto tessile, abbigliamento e calzature (12,2). Gli altri settori hanno quote decisamente inferiori.
I rapporti con l’estero si riferiscono anche alle importazioni: le aziende riminesi acquistano soprattutto in Germania, mentre al secondo posto c’è la Cina, seguita da Francia, Spagna e Regno Unito.
Comunque la presenza sui mercati esteri per la stragrande maggioranza significa accordi commerciali (82,2%), solo per l’11,8% si allarga alla cooperazione produttiva.
Nei rapporti con l’estero le aziende riminesi segnalano diversi ostacoli. Al primo posto ci sono ostacoli strutturali, cioè la complessità delle operazioni burocratiche, segnalate dall’85,5% degli intervistati. Stessa quota per gli ostacoli conoscitivi, ovvero l’individuazione dei partner stranieri. Un 72,3 % segnala anche la dimensione aziendale inadeguata ad affrontare il mercato internazionale. Tutti gli ostacoli sono in aumento rispetto al 2015: ciò sarebbe dovuto all’aumento delle aziende prese a campione, che hanno ben compreso la necessità di strutturarsi per essere maggiormente competitive sul mercato globale.
Le aziende chiedono pertanto maggiori servizi che le aiutino ad affrontare la sfida: informazioni commerciali, assistenza in materia di contratti e normative estere, ricerca di partner stranieri, organizzazione della partecipazione a fiere specializzate e a missioni all’estero.