Da oggi è online il sito visitemilia.com, dove è presentata l’offerta turistica della Destinazione Emilia, che comprende le province di Parma, Regio Emilia e Piacenza. È in linea anche, ma da tempo, il sito bolognawelcome.com, in precedenza solo relativo a Bologna ma, visto che Bologna Welcome ha vinto il bando per la gestione delle attività di promozione e commercializzazione della Destinazione, ora è anche il sito che promuove l’offerta turistica di Bologna, della Città metropolitana e di Modena. Ma la notizia importante sta nell’inciso: Destinazione Bologna ha fatto il bando per scegliere la DMO (Destination Management Organization), aggiudicato nell’aprile scorso a Bologna Welcome, la collaudata “macchina da guerra” che promuove, con ottimi risultati, la città felsinea.
Bene, l’Emilia apre il sito, Bologna marcia spedita verso nuovi traguardi, e Destinazione Turistica Romagna? Non pervenuta. Il sito della Destinazione è annunciato da mesi, ma ancora non si è visto. Fosse questo il solo problema, non sarebbe gravissimo, anche se oggi non si capisce come sia possibile fare promozione senza il web. L’impressione è che la Destinazione presieduta da Andrea Gnassi per il momento arranchi, che non abbia preso il via. Già questa è una notizia clamorosa: che in Romagna siano più indietro rispetto all’Emilia in tema di promozione turistica. Del resto, la conferma viene dalle statistiche ufficiali: da quelle parti la crescita delle presenza è a due cifre, sopra il dieci per cento, mentre da noi si festeggia o si polemizza per l’1 virgola qualcosa.
Nei primi tre giorni della prossima settimana il presidente Stefano Bonaccini e l’assessore Andrea Corsini faranno il tour delle Destinazioni, con appuntamento lunedì a Rimini al Cinema Fulgor, dopo essere passati per Ferrara, Ravenna e Bagno di Romagna. Ecco, per accontentare tutto il territorio, devono fare quattro tappe. La vastità del territorio e l’eterogeneità delle situazioni è il primo dilemma in cui si dibatte la Destinazione. Con un presidente, Andrea Gnassi, per il quale il turismo è soprattutto quello che si fa in Riviera, dalle parti di Rimini soprattutto, e questo genera spesso qualche malumore fra gli altri soci romagnoli e ferraresi.
La Destinazione non ingrana perché non ha personale, a parte un direttore, Chiara Astolfi, che però in Provincia deve svolgere anche altri mestieri. Come può un organismo di promozione turistica lavorare senza personale? Il consiglio d’amministrazione, che per bilanciare la rappresentanza dei vari territori ha il numero record di quattordici membri, non ha certo la possibilità di svolgere un lavoro reale, spesso si limita a passare le carte e ad approvare gli atti proposti dal presidente.Atti che poi non sono nemmeno tanti.
Le vecchie Unioni di Prodotto ex legge 7 hanno chiuso i battenti, ha aperto Destinazione Romagna senza ereditare dal passato nemmeno un dato riassuntivo delle azioni svolte, dei target raggiunti, di indagini di mercato, di analisi di bench marking. È come se Destinazione Romagna fosse all’anno zero del turismo, aperta ufficialmente nel 2017, nel 2018 si è limitata a finanziare la Notte Rosa p poco più. Non a caso il primo atto rilevante è stato l’affidamento a Tradermark Italia di una indagine di mercato sulla percezione, in Italia, all’estero e fra i turisti ospiti, della Romagna come destinazione turistica, sui suoi vantaggi competitivi e sulle sue criticità, sui suoi asset strategici.
Nel 2019 pensa di realizzare qualche azione promozionale. A questo scopo nelle settimane scorse ha indetto un bando per chiedere ai privati se vogliono partecipare. Le risposte dovevano arrivare entro oggi, è probabile che siano numerose perché ai privati è chiesta la partecipazione di appena 500 euro. Nella scheda finanziaria riepilogativa delle azioni per il 2019 il contributo dei privati è pari a 45 mila euro, a fronte di una spesa pubblica di 2 milioni 955 mila euro. Nella comunicazione esterna Destinazione Romagna dichiara di spendere 6 milioni, ma gli altri tre non sono per la promozioni fuori dal territorio, ma per le iniziative turistiche locali, cioè per gli uffici di informazione turistica e per gli eventi di intrattenimento (il mestiere che un tempo svolgevano le Province). Cioè per i turisti che già sono sul territorio, a parte i 285 mila euro per la promozione degli eventi di sistema, in primis la Notte Rosa.
La differenza di passo fra Bologna e Romagna lo si vede dal programma per il 2019, a partire dalla data di approvazione, luglio per Bologna, settembre per Romagna. Ma anche lo stile è profondamente diverso. Mentre il documento romagnolo è verboso, ripetitivo dei concetti, e a leggerlo sembra che il compito di Destinazione Romagna sia quello di creare il prodotto anziché promuoverlo, il programma di Bologna Welcome si limita a descrive le azioni concrete che saranno intraprese e che già appaiono ben definite. Ai privati che vogliono partecipare alla Destinazione si chiede un’iscrizione di 300 euro, salvo poi stabilire volta per volta i costi di adesione alle singole iniziative. Una delle voci di spesa più rilevanti sono le azioni di co-marketing e visibilità sui media insieme alle compagnie aree (210 mila euro).
Insomma, una diversità evidente che i lettori possono constatare direttamente cliccando sui relativi link.
Forse non a caso Andrea Gnassi per Rimini sta pensando a una DMC che sia uno strumento operativo efficiente al pari di Bologna Welcome. A quanto pare Destinazione Romagna, a dispetto del nome, fino a questo momento non è uno strumento per il marketing di destinazione, che in teoria doveva essere esaltato dalla nuova legge regionale.