Rimini, senza innovazione si muore. L'analisi di Mauro Santinato
Rimini ha chiuso il 2014 con un calo di presenze pari al 4,5 per cento. È il record negativo: la media provinciale è stata infatti -2,8; con Riccione che ha chiuso con un - 2,6 mentre Bellaria Igea Marina è andata ancora meglio con -1,9 per cento. Per non parlare dei mesi con gli eventi di punta: luglio, mese della Notte Rosa, -4,7%, dicembre, mese di San Silvestro, -16.6%.
“Si tratta di una tendenza indubbiamente preoccupante – afferma Mauro Santinato, consulente turistico, leader di Teamwork – ma il fattore negativo che conta di più è il calo dei fatturati delle imprese alberghiere, che è molto superiore. Se la mia società perde qualche cliente ma fattura di più, dico che le cose vanno comunque bene. Invece la redditività degli alberghi è diminuita del 15/20 per cento per una serie di cause fra cui i prezzi sempre più bassi (a causa della guerra al ribasso fra gli alberghi) e le spese e l’imposizione fiscale sempre più alte. Su questo non abbiamo statistiche ufficiali, ma basta parlare con gli albergatori per averne conferma. Gli hotel non producono più reddito, questo è il problema, tanto è vero che il valore immobiliare di un albergo è diminuito fino al 50 per cento. Un hotel che a Rimini era stato pagato 18 milioni adesso nessuno lo vuole per dieci”.
Se si guardano le statistiche sulle presenze si vede poi che la cosiddetta destagionalizzazione sembra andare progressivamente in soffitta. Nel primo trimestre dell’anno Rimini ha perso, rispetto al 2013, qualcosa come 133 mila presenze. “Il venir meno dei russi ha inciso, ma anche il cosiddetto turismo business ha subito una forte contrazione: con le aziende che hanno tagliato in modo massiccio le trasferte dei dipendenti. La verità amara è che stiamo assistendo al processo inverso a quello che ha dominato dagli anni Settanta fino all’inizio degli anni Duemila: gli alberghi che da annuali diventano stagionali. Dagli anni settanta in poi gli albergatori si sono accorti che, fra una fiera, un congresso o un evento, potevano unire tutte le date del calendario e restare aperti tutto l’anno. E così si è passati dai 20 ai 200 hotel annuali. Adesso purtroppo si fa il percorso a ritroso, non c’è più giustificazione economica a restare aperti. Se confrontiamo il calendario delle fiere degli anni Novanta e quello attuale vediamo che sono diminuite le giornate fieristiche. I congressi? Il problema non è solo il mancato decollo del Palas, ma sono venuti meno anche quei piccoli congressi o quegli eventi che un singolo albergo poteva organizzare. L’indice di turisticità di una località è dato dal numero di nuovi alberghi che ogni anno aprono. Da noi questo indice è al negativo, se si eccettua l’I-Suite che altro si è visto di nuovo a Rimini? Non solo non ci sono nuovi alberghi, ma nemmeno alberghi nuovi, frutto di ristrutturazione”.
Si potrebbe ritenere che tutto questo, o gran parte, sia la conseguenza di una crisi che ha dimensioni mondiali. “Rimini –replica Santinato – ha un problema in più. In questi anni non ha saputo rinnovare la sua offerta complessiva. Dov’è la famosa nuova cartolina di Rimini di cui si parla da almeno quindici anni? Non pervenuta. Guardiamoci in giro: la città è sempre la stessa, anzi è sempre peggio perché se non innovi inevitabilmente vai verso il degrado. Finora si è visto qualche cantiere nel centro storico, ma nella zona a mare è tutto sempre uguale e squallido: la stessa assenza di arredo urbano, lo stesso pitosforo, le stesse erbe lunghe, gli stessi palazzi abbandonati nella seconda linea. È evidente che se il pubblico non fa niente, neppure i privati sono disposti ad investire. Ci si deve credere che c’è una possibilità di futuro. A Rimini invece si ha come obiettivo la sopravvivenza: speriamo di arrivare a settembre anche quest’anno. Se guardiamo alle altre località della costa, non è così. Mettiamo a confronto i viali del mare di Riccione, con i nostri, che sono un susseguirsi di bazar gestiti da pakistani. A Riccione hanno fatto il lungomare nuovo ma non è solo quello: i negozi, le gelaterie, i bar, tutto è di qualità superiore. Noi a Rimini ci siamo invece abituati ad una città brutta, sciatta, trasandata”.
A questa sua analisi (pessimistica o realistica a seconda dei punti vi vista, o forse tutte e due insieme) spesso si replica affermando che invece Rimini conserva ancora tutto il suo appeal, che tiene le sue posizioni nel mercato turistico internazionale. “Se fosse vero, ci sarebbe la corsa a comprare gli hotel in vendita, non crede?”. Santinato estrae dal cassetto il ritaglio recente di un giornale austriaco. Sono indicate le più popolari destinazioni di vacanza per gli austriaci: al primo posto c’è Jesolo, poi seguono Parenzo, Bibione, Lignano, Rovigno, Ragusa, New York, Umago ed infine, al decimo posto Rimini. “Questo significa essere ben posizionati? – si chiede – Purtroppo Rimini è diventata un ibrido senza prospettiva. Non è più una località turistica attraente, perché non ha saputo rinnovare la sua offerta pubblica e privata, e non è neppure una città di mare, come Nizza e Barcellona, che si impone per i monumenti, i musei, gli spettacoli. Io lavoro molto a Jesolo, dove il turismo è esclusivamente stagionale. Però la stagione funziona: quando arriva Pentecoste si vede, è pieno di tedeschi. Nel giro di un anno hanno aperto due nuovi hotel a cinque stelle. Lì hanno fatto la scelta della verticalità. Da noi siamo fermi al convegno del 1995 di Unindustria che si chiedeva cosa fare in una destinazione a prodotto turistico maturo come Rimini. Ancora siamo in attesa di una risposta. Abbiamo avuto il Piano strategico: da quant’è che se ne parla?”.
Provi lei a dire cosa bisognerebbe fare… “Meno promozione e più attenzione al prodotto. Quando il prodotto è bello, funziona da solo, senza bisogno di promozione. Premiamo gli hotel che ristrutturano e che realizzano camere più grandi, quali quelle che il mercato di oggi chiede. E il Comune decida quale deve essere la cartolina e subito la realizzi”.