Gambini: un patto civico dopo il vecchio sistema di potere della sinistra
Sono giunti al capolinea un blocco sociale e un sistema di potere che, se nei decenni passati ha prodotto benessere diffuso e sviluppo, adesso genera solo malcontento fra gli elettori e disaffezione nei confronti della politica. L’unica risposta praticabile è pertanto un patto civico, al di fuori dei partiti, che apra una nuova stagione nelle amministrazioni locali e che prepari le condizioni perché si ritorni ad una naturale alternanza fra centrosinistra e centrodestra. È in estrema sintesi il succo dell’ipotesi a cui sta lavorando Sergio Gambini, ex assessore a Rimini, ex parlamentare, iscritto al Pd, e che potrebbe portarlo ad accettare una candidatura a sindaco di Cattolica. Anche se il suo ragionamento non riguarda solo Cattolica, ma l’intera provincia di Rimini, anzi tutta la Regione.
Vedremo dunque Gambini nelle vesti di sindaco di Cattolica?
“Già tempo fa – risponde – il mio nome era rimbalzato sui giornali in riferimento alle prossime elezioni a Cattolica. Confermo che da qualche settimana sto lavorando, cioè facendo incontri con persone disponibili, per verificare se è possibile costruire un progetto politico, che ho chiamato patto civico, che coinvolga anche forze che ora sono all’opposizione in consiglio comunale e personalità di diverso orientamento. Sono partito dall’analisi dei recenti risultati elettorali a Cattolica (le europee e poi le regionali) che disegnano un quadro preoccupante per il centrosinistra e dalla percezione di un diffuso malessere fra i cittadini. Non ho pensato di essere io il front runner, ma se la mia candidatura risultasse la condizione indispensabile per realizzare tale patto civico, allora sarei disponibile. Mi interessa molto questa prospettiva: unire personalità diverse per un progetto politico. Cattolica si trova davanti scadenze importanti, a partire da un possibile processo di fusione con San Giovanni in Marignano. C’è la sensazione diffusa che un processo di sviluppo si sia concluso, che sia saltato un storico rapporto fra forze sociali e politiche. Io mi muovo quindi al fuori del recinto dei partiti, dialogando comunque anche con esponenti del Pd. Se poi il Pd indirà delle primarie, sarò felice di parteciparvi proponendo il progetto del patto civico”.
Perché ritiene che il Pd da solo non ce la possa fare? Significa che si è rotto qualcosa nel rapporto fra lo storico partito della sinistra e la popolazione di Cattolica?
“Ci sono fattori specifici e tipici di Cattolica che mettono in evidenza una certa difficoltà del centrosinistra. Si può dire che il dopo Micucci non sia ancora davvero iniziato. Con l’aggravante che alcune scelte compiute da Micucci adesso si riversano sulla giunta attuale. Ha dovuto risanare i debiti e ciò ha comportato la scarsa disponibilità di risorse per le opere pubbliche di cui la città ha bisogno. Questa è una delle ragioni del malessere diffuso. È andato in crisi il blocco sociale storico della sinistra, formato da sindacato, cooperative, associazionismo. Un sistema che per una fase ha garantito un modello di sviluppo positivo, ma adesso mostra tutte le crepe. Il sistema di potere creato dalla sinistra è sempre più percepito come invadente, pervasivo, opprimente. Un certo modo di governare non è più accettato. Non a caso il Movimento 5 Stelle, che più di altri interpreta la protesta anti-sistema, a Cattolica ottiene la percentuale più alta rispetto al resto della Provincia. Il passaggio che deve avvenire è da una comunità di fedeli, in senso politico ed ideologico, ad una comunità di cittadini che realizzi la promessa di uguaglianza espressa nella nostra Costituzione”.
La sua proposta di patto civico è davvero aperta a tutti o pone dei paletti a destra?
“Non immagino certo un’alleanza politica con i partiti, non sarebbe un patto civico. Mi rivolgo invece alle persone, anche di diverso orientamento, che dimostrino buona volontà e disponibilità a risolvere i problemi della comunità con metodo democratico e con uno sguardo rivolto al bene comune. Faccio fatica a pensare al coinvolgimento di un centrodestra a guida leghista o a un Movimento 5 Stelle che ha una cultura semplicemente antagonista”.
In realtà la proposta di patto civico non è nuova. Mesi fa l’aveva lanciata anche per Rimini. È ancora valida?
“Ritengo sia valida non solo per Rimini, ma per l’intera Regione. Va smantellato un sistema di potere e va trovato un nuovo cemento per tenere insieme le comunità. Di fronte all’esaurimento di un modello, va avviata una fase di transizione che consenta la riscrittura delle regole di funzionamento della pubblica amministrazione nei confronti della società. Al termine di questa transizione si riconsegnerà il governo delle città all’alternanza fra centrosinistra e centrodestra. Capisco che questi siano concetti poco digeribili per qualcuno, ma credo fermamente nell’utilità di una discussione politica che rifugga dai toni apodittici e assertivi. C’è molto lavoro da fare. Si prenda per esempio il tema delle partecipate. Il sistema pubblico si è occupato troppo di economia. Aeroporti: se si guardano le recenti vicende si vede che si sono bruciate risorse per tenere aperti aeroporti come Forlì e che si è condotto uno scalo come quello di Rimini verso il disastro, quando si poteva privatizzarlo. Invece tutta la partita è stata gestita in un’ottica politica e consociativa”.
Quindi anche Gnassi farebbe bene a promuovere un patto civico?
“Non do consigli a Gnassi né a nessun altro. Ritengo si tratti di uno sforzo complessivo da compiere in Regione, anche a Bologna. Secondo il mio parere, sarebbe una prospettiva utile a Rimini un passo indietro del Pd e la costruzione di un patto civico. Ma io, come noto, non faccio parte del gruppo dirigente. Osservo anche che, rispetto ad alcuni mesi fa, l’azione di Gnassi ottiene maggiore attenzione e considerazione da parte della città”.