Morrone (Lega): Fregni? E' solo il candidato di Sacchini
Già Giulio Mignani, coordinatore provinciale di Forza Italia, era stato esplicito e, a scanso di equivoci, lo aveva ripetuto due volte in dichiarazioni al Corriere: “Il candidato sindaco di Rimini sarà annunciato insieme da Forza Italia, Lega e Fratelli d’Italia”. Nell’insistere su questo schema, Mignani non aveva fatto altro che seguire il coordinatore regionale Massimo Palmizio che aveva assegnato alle liste civiche il ruolo di chi semplicemente si accomoda al tavolo apparecchiato dai partiti.
Ora anche il segretario nazionale (cioè romagnolo) della Lega, Jacopo Morrone, alla domanda esplicita su chi esercita la prerogativa di indicare il candidato sindaco risponde con un’altra domanda che contiene una risposta chiarissima: “Se in una società lei ha il 5 per cento delle azioni ed io il 20 per cento, chi ha il diritto di nominare l’amministratore delegato?”.
Quindi i tre partiti della coalizione di centrodestra rivendicano il diritto di esprimere il candidato. Una sottolineatura decisa e ripetuta che manda in crisi (o smentisce categoricamente) le narrazioni che in queste settimane sono venute facendo le varie aggregazioni civiche. Non si capisce, stando alle dichiarazioni ufficiali, dove mai possa approdare Progetto Rimini, che invece persegue un disegno strategicamente opposto: un forte soggetto civico, che esprime il candidato, che poi le forze politiche condividono. O si illude Progetto Rimini o i partiti, Lega in primis, sono cani che abbaiano ma non mordono.
Ma anche l’aggregazione sorta intorno a Dreamini, autoproclamatasi pensatoio intelligente del ricostituito centrodestra riminese, si trova a mal partito. Pubblicamente le scelte di fondo se le vogliono intestare i partiti e la storia politica insegna che un progetto civico ha successo quando più appare svincolato dai partiti o con i partiti in funzione esclusivamente sussidiaria. Le ambizioni di Dreamini si riducono al ruolo di oste del tavolo del centrodestra? Viene da chiedersi poi come potrà inserirsi in questo schema la lista di fuoriusciti grillini annunciata dall’ex capogruppo (fuoriuscito) Luigi Camporesi: da leader di un movimento anti-partiti a sottufficiale di complemento dei partiti di centrodestra?
Quindi? Quindi proviamo a chiedere a Morrone che ne pensa della candidatura del giornalista Franco Fregni. “Mi pare – risponde – sia il candidato di Sacchini (il presidente di Dreamini, ndr), è uno dei tanti di un lungo elenco. Sono molti i nomi messi in campo, poi spetterà a noi della Lega, in quanto partito leader della coalizione, arrivare ad una sintesi che possa essere condivisa da tutti”. Traducendo l’elegante espressione del giovane segretario leghista, “sintesi” significa “che stia bene a noi”. I nomi finora rimbalzati sui giornali sono quelli fatti da Inter-Vista: quello di Fregni, appunto, e quello dell’avvocato Marzio Pecci (Morrone è molto irritato perché abbiamo scritto che è stato subito impallinato). È circolato anche il nome dell’avvocato Saverio Bartolomei, che è stato difensore civico a Rimini dal 2000 al 2002. L’interessato smentisce, anzi precisa di aver detto di no all’offerta. E Morrone conferma di aver sentito il suo nome, ma tiene a precisare che non era un suo candidato.
Ma la Lega ce l’ha un candidato forte da proporre agli alleati o no? “Certamente, – risponde Morrione – l’ho comunicato alle altre forze politiche. La situazione di Rimini non è semplice, ci sono in gioco molti fattori di cui tenere conto. Il sindaco Gnassi, per esempio, sarà rinviato a giudizio? Se lo sarà, penso diventerà difficile per lui avere delle liste civiche a sostegno della sua candidatura. Mi sembra che a Rimini molti stiano ancora alla finestra per vedere come va il mondo. E anche noi dobbiamo fare le nostre valutazioni conclusive”.
Il candidato a sindaco, come ha detto Palmizio, sarà comunicato entro il 15 gennaio? “No, bisogna fare prima. Bisogna partire subito con la campagna elettorale. La battaglia è dura e difficilissima, bisogna battere tutto il territorio, andare casa per casa. C’è bisogno di cominciare a creare una squadra che sia salda e compatta, e tale rimanga nel tempo. Non deve succedere come all’ex Pdl che dopo cinque anni sono divisi in tanti brandelli. Prima si parte, meglio è”.