Giorgio Vittadini, presidente della Fondazione della Sussidiarietà, esponente di spicco di Comunione e Liberazione, ha presentato in anteprima a Rimini il suo ultimo lavoro sull’importanza del carattere, della personalità dell’imprenditore, nel successo o meno della sua azienda. Ad ascoltarlo in prima fila alcuni dei candidati sindaci alle prossime elezioni amministrative. Finito l’incontro, Vittadini si intrattiene alcuni minuti con Gnassi. “Complimenti, vedo che sta cambiando Rimini. Sono arrivato in auto e ho visto tutte le nuove rotatorie che rendono il traffico più snello”.
Dopo i saluti a Gnassi, ci avviciniamo noi di buongiornoRimini per alcune domande proprio sul tema delle elezioni amministrative.
Vittadini, cosa c’è in gioco in queste elezioni?
Purtroppo vedo che a livello nazionale non si parla della cosa più importante e cioè dei contenuti. Il tema è come far ripartire le nostre città. Credo che la strada più giusta sia quella di una alleanza fra l’ente pubblico ed il privato sociale. C’è bisogno di questo partenariato per liberare risorse e rispondere ai bisogni. È necessario superare la vecchia contrapposizione fra destra e sinistra, che non ha più senso e non è utile alle nostre città. Non va bene il privato che pensa solo a guadagnare per il proprio interesse privato e non va bene un ente pubblico che pensa di dirigere e governare tutto dall’alto. Queste categorie non funzionano più. È pubblico ciò che produce il bene di una città.
Molti sono tentati dall’astensionismo, sono tutti uguali, sono tutti corrotti…
Attenzione a non riproporre una storia vecchia, che comincia già dal XVIII secolo, quando i moralizzatori finirono per tagliare le teste. Bisogna riconoscere che l’uomo è segnato dal peccato originale e pertanto è incline a commettere il male. Se però è guidato da un forte ideale, si corregge, cerca di migliorare. Se crolla l’ideale, inevitabilmente si diffonde la corruzione. Ma il malaffare si incrementa anche se, invece di sostenere i tentativi che nascono dal basso, si allarga a dismisura lo spazio del potere pubblico.
A che condizioni la politica diventa un bene, come sostiene un recente volantino di Comunione e Liberazione?
La politica è un bene quando è sostenuta da un ideale grande, quando si è in grado di insegnare ai figli ciò che è bene e ciò che è male. La corruzione non è solo quella che emerge negli scandali, l’atteggiamento sbagliato nasce prima. Se un imprenditore vuole costruire case che non servono, compie comunque un’azione immorale, anche se non diventa corruzione in senso tipico. Se un funzionario pubblico non svolge i suoi compiti e rallenta le pratiche per i cittadini, già in questo modo di fare c’è il germe della corruzione.
Gli elettori hanno di fronte tanti candidati e tante proposte: con quali criteri scegliere chi votare?
Si sceglie chi costruisce il bene comune con il metodo della sussidiarietà. Si valuta quanto un candidato è impegnato a fare cose positive per la città e a valorizzare il territorio. Chi è impegnato a rilanciare Rimini dopo anni di crisi? Chi sta facendo cose? Chi sta creando occasioni per nuovi posti di lavoro? Si deve valutare tutto questo senza avere schemi a priori e con l’attenzione ai bisogni reali della città.
C’erano una volta i ciellini uniti in politica, adesso li si vede sostenere liste e candidati a volte contrapposti. Va bene così o è un problema?
Anche ai tempi della Dc, quando i cattolici erano tutti o quasi dentro un partito, dicevamo che l’unità è intorno a un’esperienza ecclesiale non intorno alla politica. Se la stessa esperienza ecclesiale porta ad opzioni politiche diverse, vorrà dire che fra un candidato e l’altro non ci saranno “sportellate” ma un tentativo di vero dialogo. Giussani al convegno della Dc al Forum di Assago aveva detto che la politica deve sostenere le opere che nascono dal desiderio dell’uomo. Unità nell’esperienza ecclesiale vuole dire pertanto unità intorno a ciò che aiuta l’io a crescere.