La possibilità che si ritorni a fare azioni di co-marketing (cioè a sostenere compagnie aeree che avviano nuove rotte) è stata ventilata quasi sottovoce dalla presidente di Airiminum Laura Fincato e dall’assessore regionale al turismo, Andrea Corsini. Ieri è poi intervenuto l’onorevole Sergio Pizzolante a dire che così fan tutti e non si capisce perché l’aeroporto di Rimini debba rimanere estraneo a questa pratica. Se parlare oggi di intervento pubblico a sostegno dell’aeroporto suscita cautele e diffidenze, a processo sul crac Aeradria ancora in corso e con sindaco e altri esponenti pubblici sotto accusa, dipende appunto dal fatto che a determinare il fallimento della precedente società di gestione ha contributo anche un modo per aggirare la normativa sugli aiuti di Stato che la Procura ha giudicato truffaldino.
Si è inoltre affermata nell’opinione pubblica la sensazione, più che una chiara consapevolezza, che l’Unione Europea vieti gli aiuti sempre e in ogni caso. Il che non è così.
Una ventina di giorni fa il ministro Graziano Delrio, rispondendo alla Camera ad una interrogazione di una deputata del Movimento 5 Stelle, ha fornito un quadro, seppure parziale, della situazione. Il ministro ha spiegato che l’Enac ha ricevuto comunicazione di accordi di incentivazione alle compagnie stipulati dagli aeroporti di Torino, Verona, Venezia, Treviso, Napoli, Catania, Palermo, Alghero, Cagliari e Lamezia Terme. Inoltre ha confermato che di recente la Regione Abruzzo ha stipulato contratti di co-marketing con Ryanair e Mistral e che la Regione Puglia ha varato un piano quinquennale di incentivi per i suoi aeroporti (pari a venti milioni all’anno, secondo notizie di stampa).
Gli aeroporti citati non hanno preso iniziative a rischio di censura, ma si sono attenuti alle direttive della Commissione, emanate nel 2014 abrogando quelle precedenti del 2005 e del 1994, e alle linee guide di applicazione in Italia, firmate da Delrio nell’agosto 2016. Per quanto riguarda gli accordi di favore con le compagnie, le norme stabiliscono che non si incorre nel divieto sugli aiuti di Stato quando i prezzi per i servizi aeroportuali sono quelli di mercato e quando viene superato il cosiddetto “test MEO”, cioè quando, attraverso un'analisi ex ante, si valuta che l'incentivo è in grado di produrre una maggiore redditività dell’aeroporto e maggiore ricchezza sul territorio. Le norme della Commissione sono più ampie, dettagliano diversi casi, chiariscono anche a quali condizioni si possono dare contributi pubblici agli aeroporti, ma per il caso in discussione a Rimini il criterio è quello indicato. Il ministro ha spiegato che ogni aeroporto deve chiarure la propria policy commerciale e dare conto sul proprio sito degli accordi raggiunti. Tutto deve essere pubblico e trasparente. Si prenda, per esempio, il caso dell’aeroporto di Verona. Sul sito sono pubblicate le condizioni che le compagnie devono rispettare per poter aspirare agli incentivi. Le compagnie sono tenute ad operare il nuovo collegamento per un periodo non inferiore alle 5 settimane continuative; garantire regolarità e continuità all’utenza limitando le cancellazioni di carattere operativo al 5% dell’intera programmazione. A queste l’aeroporto si impegna a dare un contributo per passeggero in partenza, sulla base di una previsione definita del volume di traffico. In altra pagina del sito, la società riporta l’elenco degli accordi in corso con numerose compagnie. Quello con Ryanair, per esempio, prevede una modulazione tariffaria variabile a seconda del grado di preesistenza della rotta in questione e dei passeggeri trasportati.
Nelle linee guida di Delrio, che riprendono le direttive della Commissione, si precisa che non ha importanza se i beneficiari degli aiuti siano soggetti pubblici o privati, così come è irrilevante il soggetto giuridico che gestisce le compagnie e l’aeroporto.
Pertanto, le norme, par di capire, si applicano anche all’aeroporto di Rimini gestito da una società completamente privata. In via teorica, Airiminum 2014, che ha il bilancio in attivo, potrebbe autonomamente procedere, nel rispetto delle norme, ad accordi con le compagnie.
Lo steso ministro, nella sua risposta alla Camera, ha precisato che “Non tutti gli accordi, però, utilizzano risorse pubbliche. I gestori sono a volte gestori privati e, quindi, utilizzano risorse private. E quindi alcuni degli accordi afferiscono a risorse proprie del gestore aeroportuale privato”.
Tuttavia Airiminum ha pubblicamente dichiarato che si inoltrerà sul terreno delle compagnie low cost solo in caso di compartecipazione alle spese delle autorità pubbliche.
Il punto da verificare con l’evoluzione degli eventi è quali forme Airiminum 2014 e la Regione vogliano dare alla ipotizzata collaborazione. Sempre Delrio ha informato che “Alcune forme di co-marketing, infine, riguardano la promozione diretta del territorio e sono effettuate direttamente dalle regioni senza passare per i gestori aeroportuali”. È il caso della Regione Abruzzo. A dispetto della conclamate esigenze di trasparenza, il nuovo contratto con Ryanair e Mistral non è stato pubblicato, e a quanto risulta in molti casi analoghi sono stati tenuti nel cassetto per volontà della compagnia. Da quanto è trapelato, il precedente contratto aveva steso tappeti rossi a Ryanair. Se il nuovo contratto è top secret, la Regione ha però pubblicato i criteri che richiede siano rispettati negli accordi con i vettori: L’efficacia commerciale della proposta e l’impatto sulla redditività dell’Aeroporto; i volumi di traffico generati, la rilevanza strategica della destinazione; il periodo di operatività ( stagionale o su base annua), la fascia oraria di operatività (peak/off peak); la tipologia di destinazione ( Europea/extra Europea), il numero delle frequenze operate.
A proposito invece della Puglia, dove nel 2009 era stato sottoscritto un oneroso contratto con Ryanair, poi rinnovato nel 2014, è stata archiviata l’inchiesta per abuso d'ufficio, truffa e falso perché – ha sostenuto il Pm e il Gip ha condiviso - il contratto di marketing da 14 milioni di euro con la società concessionaria della pubblicità per Ryanair non intendeva favorire la compagnia, ma incentivare il turismo sullo scalo barese attraverso l'unico vettore che in quel momento assicurava un numero consistente di rotte internazionali.
Questo quadro, per forza di cose sommario, provoca non pochi interrogativi sulle dolorose vicende di Aeradria. Ne riassumiamo due o tre: le direttive della Commissione europea precedenti a quelle del 2014 erano radicalmente diverse da quelle attuali da indurre gli amministratori di Aeradria a inventarsi il macchinoso meccanismo che poi li ha inguaiati e a non seguire la procedura semplice di accordi trasparenti con le compagnie? Perché ciò che non è truffa in Puglia lo è invece a Rimini? Dipende dal fatto che i comportamenti sono sostanzialmente diversi o perché la magistratura di Rimini è stara più rigida di quella pugliese? Chissà se prima o poi riusciremo a rispondere.