A sentire il papa parlare di santi e di santità, può venire da pensare che Francesco questa volta ha fatto un discorso per addetti ai lavori, per pii devoti, o al massimo che si è concentrato su questioni di “marketing interno”, niente che riguardi la vita concreta della gente comune.
In realtà Francesco, specialmente con una citazione di Edith Stein, filosofa ebrea che lui giustamente chiama santa Teresa Benedetta della Croce, offre una chiave di lettura interessante sul fenomeno della santità, visto come un fatto centrale e non periferico nel flusso storico delle vicende umane. Cosa disse la mistica tedesca morta a Auschwitz- Birkenau dove fu deportata? «Nella notte più oscura sorgono i più grandi profeti e i santi. Tuttavia, la corrente vivificante della vita mistica rimane invisibile. Sicuramente gli avvenimenti decisivi della storia del mondo sono stati essenzialmente influenzati da anime sulle quali nulla viene detto nei libri di storia. E quali siano le anime che dobbiamo ringraziare per gli avvenimenti decisivi della nostra vita personale, è qualcosa che sapremo soltanto nel giorno in cui tutto ciò che è nascosto sarà svelato».
La santità come fattore di costruzione della storia. È la stessa prospettiva indicata da un famoso autore di romanzi che hanno per oggetto le vite dei santi, Louis de Whol «Le vite dei santi appartengono alla storia, perché sono loro stessi a fare la storia e, meglio ancora, la fanno come piace a Dio. La storia senza i santi si riduce a guerre, battaglie, nazioni soggiogate o liberate, leggi e decreti, paesi che si avvicendano nella supremazia reciproca. Di tanto in tanto, però, Dio mostra la strada, e ogni volta per indicarla si avvale di un santo».
Ecco dunque una prospettiva a cui guardare a quella santità della porta accanto che papa Francesco porta in primo piano nella recente esortazione apostolica Gaudete et exultate. Invitando a vedere la santità «nei genitori che crescono con tanto amore i loro figli, negli uomini e nelle donne che lavorano per portare il pane a casa, nei malati, nelle religiose anziane che continuano a sorridere», non ha tessuto l’elogio di una storia minore, inincidente nelle vicende che contano, ha in realtà sottolineato che anche i più umili membri del popolo di Dio partecipano all’ufficio profetico di Cristo, e quindi fanno la storia.
Sul diario della venerabile Carla Ronci, ragazza della porta accanto di Torre Pedrera, stroncata da un tumore a 34 anni, nel 1974, è stata trovata appuntata questa frase «Solo i santi lasciano tracce, gli altri fanno rumore». Era una ragazza come altre, bella ed elegante, amava ballare e vestirsi bene. Poteva restare una sconosciuta, se ha lasciato dietro di sé una traccia profonda è perché ha ceduto all’attrattiva dell’ideale della sanità.
Nel ventesimo secolo a Rimini la santità della porta accanto ha abbondato. Si è così arricchita quella schiera di santi e beati del territorio che già provocò un moto di stupore in Giovanni Paolo II, ricevendo i pellegrini della diocesi. E a quel tempo l’elenco comprendeva solo i santi storici, lontani nel tempo, mancavano quelli recenti. È di poche settimane fa la proclamazione a venerabile di Sandra Sabattini, la cui biografia pubblicata nei mesi scorsi presenta come titolo proprio La santa della porta accanto. Sandra sarà probabilmente la prima fidanzata a salire alla gloria degli altari: quando un incidente stradale stroncò i suoi ventitré anni stava andando ad un incontro della Comunità Papa Giovanni XXIII insieme al fidanzato Guido. «Ha fatto risplendere la virtù della condivisione con i poveri e della contemplazione. Una vera discepola di don Benzi», ha detto di lei Giovanni Paolo Ramonda, successore di don Benzi alla guida della Comunità.
Ma se per Carla e Sandra ancora deve essere riconosciuto il miracolo che sancisca il titolo di beate, per Alberto Marvelli, il traguardo è già stato raggiunto. Per il giovane ingegnere, che fu anche assessore nella prima giunta comunale dopo la liberazione dal fascismo, è ancor più evidente lo stretto legame fra santità della porta accanto e contributo alla costruzione della storia comune. La santità di Marvelli è stata con ogni evidenza un fattore di speranza e di umanità diversa nella Rimini distrutta dai bombardamenti della guerra.
Alla storia di santità del Novecento appartiene anche la santa, non della porta in questo caso ma della corsia accanto, suor Maria Rosa Pellesi, che, gravemente ammalata di tubercolosi, trascorse gran parte della sua vita in una corsia di ospedale, facendo di quel piccolo angolo un campo di azione missionaria che aveva le dimensioni del mondo. Beatificata nel 2007, le sue spoglie sono venerate nella chiesetta di sant’Onofrio in via Bonsi.
Questo è un invito a leggere la recente esortazione apostolica di Francesco con gli occhi rivolti alla santità della porta accanto che a Rimini è stato un fattore di costruzione di storia. «Non avere paura di puntare più in alto, - scrive Francesco in un bellissimo passaggio del documento - di lasciarti amare e liberare da Dio. Non avere paura di lasciarti guidare dallo Spirito Santo. La santità non ti rende meno umano, perché è l’incontro della tua debolezza con la forza della grazia. In fondo, come diceva León Bloy, nella vita “non c’è che una tristezza, quella di non essere santi”».
Valerio Lessi