Divagazioni sotto l’ombrellone su tema aeroportuale. Ora che anche la Regione e il Comune hanno capito che l’aeroporto Federico Fellini stenta a decollare, vale la pena interrogarsi sullo scenario che si potrebbe aprire quando l’aeroporto Ridolfi di Forlì riaprirà i battenti. Non è più un’ipotesi teorica, l’Enac ha assegnato lo scalo alla società F.A., una cordata di imprenditori romagnoli. Quindi fra qualche mese avremo in Romagna due aeroporti funzionanti, uno a Forlì e uno a Rimini. E probabilmente entrambi di interesse nazionale, se la Regione, come ha annunciato a BuongiornoRimini l’assessore Raffaele Donini, riuscirà nell’obiettivo di far rientrare il Ridolfi in questa categoria.
Sarebbe fuorviante leggere la nuova situazione semplicemente come un ritorno al passato, come una riproposizione di quella guerra degli aeroporti che ha lasciato “morti” sul campo e sperperato milioni di denaro pubblico. Per la prima volta a cinquanta chilometri di distanza ci sono due aeroporti a gestione privata. È prevedibile che fra i due scali si inneschi un meccanismo di concorrenza, ma non sarà più una lotta fra campanili combattuta con denaro pubblico sonante. Avremo due imprese private che si contenderanno il titolo di aeroporto della Romagna mettendo in campo programmi e investimenti capaci di attivare nuovi voli e aumentare i rispettivi volumi di traffico. E che vinca il migliore.
O almeno così si spera. Certo è che la riapertura dell’aeroporto di Forlì non potrà lasciare indifferente Airiminum, la società di gestione del Fellini. Da quel che si è capito, gli imprenditori romagnoli hanno deciso di prendersi il Ridolfi non per piantare una bandierina, ma per farlo funzionare. E di fronte ad un concorrente così vicino cosa farà la società di Leonardo Corbucci? Continuerà l’attuale gestione che mira esclusivamente a produrre utili per gli azionisti, o riuscirà a realizzare il concetto che a Rimini un aeroporto interessa soprattutto se riesce a portare movimento turistico? Alla Riviera interessa che il Fellini sia uno strumento per l’incoming, specialmente dai mercati esteri, per l’outgoing i riminesi non hanno problemi ad andare, se necessario, a Bologna, Bergamo o Verona.
È facilmente prevedibile che il terreno di concorrenza fra i due scali sarà soprattutto il mercato turistico. È improbabile che Forlì accetti il ruolo di scalo per le merci, lasciando i passeggeri a Rimini. Anche perché di passeggeri a Rimini al momento non ce ne sono molti, e quindi ci sono vaste praterie da battere in Europa. Non c’è nulla di scandaloso e negativo se due imprese private decideranno di farsi concorrenza. Non è che un imprenditore rinuncia ad aprire un ristorante perché a pochi passi ce ne già uno. Sarà poi il mercato, e la sua bravura, a stabilire quale resterà aperto e farà ottimi affari.
Se questo scenario è verosimile, gli operatori turistici ed anche gli enti locali devono ricalibrare le loro strategie. Ciò che serve alla Romagna, perché questo è l’ambito geografico da prendere in considerazione (non esiste forse Destinazione Romagna come soggetto promozionale?), è un aeroporto che funzioni, non un campanile da difendere. Se possono essere plausibili le perplessità di chi sostiene che l’aeroporto della Riviera non può essere Bologna, vista la distanza di 120 chilometri e l’assenza di collegamenti veloci, non altrettanto si può dire dell’aeroporto di Forlì che è appena a cinquanta chilometri dalla costa. Se dovesse succedere che l’aeroporto di Rimini non si muove e che quello di Forlì dà segni di vitalità, cosa dovrebbe impedire agli operatori turistici e agli enti locali della Riviera di stringere accordi con il Ridolfi? Non sono quelle fra Rimini e Forlì le distanze fra le grandi città europee e il loro aeroporto?
Non sfugge il particolare che un ragionamento di questo genere cozza contro la storica rivalità Forlì-Rimini e le storiche guerre dei cieli durate dagli anni Ottanta fino a cinque sei anni fa. Ma si tratta di voltare pagina e di guardare non tanto agli interessi di Airiminum (che li sa benissimo difendere da sola) quanto agli interessi del territorio e dell’economia turistica, in un’ottica romagnola. Se si crede alla Destinazione Romagna, se ha un senso il progetto di Confindustria di considerare la Romagna come un'unica città, se i Comuni stanno elaborando un piano strategico della Romagna, tutto questo non può non fare i conti in modo nuovo con la questione aeroporto.
E' auspicabile che l’aeroporto di Rimini, ad ormai quattro anni dalla riapertura, presenti al più presto un corposo piano di investimenti, chiedendo, a questo punto con le carte in regola, la collaborazione di Regione e Comune. Sarà così attrezzato a competere al meglio con Forlì, nella consapevolezza che l’economia turistica della Riviera non può fare a meno di un aeroporto, sia esso a Rimini oppure a Forlì.