Aeroporto di Rimini, bando annullato. E quelli di Siena, Forlì e Lampedusa?
Ciò che più colpisce nella decisione del Tar dell’Emilia Romagna di annullare il bando, e quindi l’aggiudicazione dell’aeroporto di Rimini alla società Airiminum, sono le motivazioni. Il bando non è stato annullato perché Airiminum non aveva i requisiti giusti o perché la commissione aggiudicatrice ha dato più punti a chi non ne aveva diritto.
No, il bando è stato annullato perché - dicono i giudici – era sbagliato nella formulazione, non chiedeva ai partecipanti di dimostrare (attraverso esperienze precedenti o altro) la capacità tecnica di gestire un aeroporto.
Letta così la notizia, due considerazioni arrivano immediate. La prima: l’Enac ha compiuto un errore clamoroso. E alla considerazione si accompagnano subito le domande: possibile? Il mestiere dell’Enac non è forse quello di fare bandi per assegnare la gestione di aeroporti? E allora non sa come questi devono essere fatti?
Seconda considerazione: se all’Enac conoscono il proprio mestiere, perché i giudici arrivano a mandare tutto all’aria? Forse che l’Enac, nel caso di Rimini si è presa qualche libertà in più, non ha agito correttamente? Domande a cui nessuno, se non la magistratura – in questo caso penale, non amministrativa – può dare una risposta.
Intanto possiamo provare a rispondere autonomamente alla domanda che la sentenza del Tar suscita: il bando di Rimini era anomalo rispetto agli altri effettuati in Italia negli ultimi tempi?
Sul sito dell’Enac si possono ancora trovare i bandi relativi agli aeroporti di Rimini, Siena, Forlì e Lampedusa. Sul punto dei requisiti per poter partecipare sono fatti quasi in fotocopia. Per Siena si chiede che sia una società di capitali e che abbia nell’oggetto sociale la gestione di attività aeroportuali. Nel bando per gli aeroporti di Rimini, Forlì e Lampedusa si chiede anche che il capitale sociale sia di almeno 120 mila euro, aumentato fino a 3.098.741 in caso di aggiudicazione (per Lampedusa l’aumento richiesto è solo di € 516 mila euro). Non c’è traccia, anche negli altri bandi, delle capacità tecniche ritenute necessarie dai giudici del Tar. C’è anzi in tutti il particolare curioso che se l’oggetto sociale non prevede l’attività aeroportuale, l’amministratore presenti una lettera di impegno ad inserirlo. Per fare un esempio: una società che fino a ieri ha imbottigliato birra, può concorrere a gestire un aeroporto purchè dichiari di cambiare l’oggetto sociale e abbia il capitale sociale. Delle capacità tecniche, ripetiamo, nessuna traccia. Strano? Certamente. Ma è la regola applicata a tutti, non solo all'aeroporto di Rimini.
L’unica garanzia che Enac richiede è di tipo finanziario: una dichiarazione di almeno due istituti bancari.
Se così sono fatti i bandi degli ultimi aeroporti assegnati, si deve presumere che questo sia lo standard seguito dall’Enac che fra i suoi compiti ha appunto quello di espletare le gare per affidare gli aeroporti alle società di gestione.
Fino a ieri non si è avuta notizia di ricorsi conclusisi con la censura di questo procedimento da parte dei giudici amministrativi, anche perché in caso contrario c’è da presumere che l’Enac avrebbe cambiato le regole del gioco.
I giudici argomentano che non sempre nelle gare d’appalto sono necessarie le capacità tecniche, ma lo sono quando in gioco c’è l’organizzazione di un servizio complesso come quello aeroportuale. I giudici hanno insomma indirettamente detto all’Enac che se fino a quel momento i bandi li ha fatti in quel modo, li ha fatti sbagliando clamorosamente. Come sempre piove sul bagnato: a rimetterci è l’aeroporto di Rimini che di tutto aveva bisogno tranne che di questa nuova doccia fredda.
Le prossime ore ci diranno quale sarà la risposta dell’Enac. È assai probabile che sarà annunciato un ricorso al Consiglio di Stato che sarà chiamato a dire una parola definitiva.
Intanto Rimini si interroga con apprensione sul futuro del proprio aeroporto